La Gazzetta dello Sport

SCACCO ALLA REGINA

Età, stipendi, club e... CR7: domani sfida da scudetto tutta ribaltata e agli antipodi Ibra scalpita ma non ci sarà Alex Sandro ha il Covid

- di Bianchin, Boldrini, Garlando

Il 7 luglio scorso, dopo 13’ di Milan-Juve, Cristiano Ronaldo s’ingoiò Andrea Conti e con un destro a giro mandò in cronaca la prima occasione da gol. Nella ripresa, dopo il vantaggio di Rabiot, Kjaer e Romagnoli, scavalcati da un lancio lungo, si scontraron­o tra loro e il portoghese firmò il raddoppio. Sembrava Gulliver contro i Lillipuzia­ni. Impression­e sbagliata, perché dal lockdown era spuntato un altro Milan. La squadra che nei primi mesi della stagione si avviliva alla prima avversità segnò 3 gol in 5 minuti e poi con Rebic sigillò la clamorosa rimonta sulla Juve che stava per vincere il 9° scudetto di fila: 4-2. A 183 giorni da quella sfida, torna Milan-Juve ed è tutto un altro mondo. Quel 4-2 era il 5° risultato utile consecutiv­o di Pioli in campionato. Dopo averne messi in fila altri 22, oggi è in testa alla classifica. La Juve deve recuperare una partita (Napoli), ma è la prima volta nella storia che affronta i rossoneri all’andata con 10 punti in meno. Un campionato fa, prima della sfida d’andata (10 novembre), la Signora, capolista, vantava un vantaggio sui rossoneri di 16 lunghezze: da +16 a -10 in poco più di un anno. Tutto un altro mondo. Tra due club che sono mondi agli antipodi.

Famiglia e Fondo

Da una parte un secolo di Agnelli, un lungo album di Famiglia, il volto di Andrea settimanal­mente visibile tra la criniera di Nedved e le sciarpe di Paratici. Intuiamo i sentimenti e i progetti di Paul e Gordon Singer, titolari del Fondo Elliott, padrone del Milan, solo dalle parole dell’a.d. Ivan Gazidis. Ai più il nome Singer rimanda ancora alle antiche macchine da cucire a pedali. Anche la differenza del monte ingaggi spalanca un baratro. Quello della Juve tocca i 236 milioni, quello del Milan 90, meno di tre annualità di CR7 (31). Elliott al massimo ne passa 7 a Ibra. Come dire che Pirlo guida la macchina più lussuosa del parco, ogni sfregio costa un patrimonio. Pioli può viaggiare con meno ansia. Anche le due panchine distano un mondo. Andrea Pirlo è un ingegnere passato direttamen­te dall’aula universita­ria al cantiere, con fisiologic­i problemi nella costruzion­e della sua prima casa. Non ha un book di esperienze personali da cui attingere per la soluzione dei problemi che incontra. Quello di calciatore gli ha lasciato conoscenze, ma resta un altro mestiere. Era Maestro, deve diventare Mastro. Lavorare sulle motivazion­i per evitare down tipo Fiorentina, per esempio, è cosa nuova. Andrea sta crescendo e non gli mancano le buone idee. Ha bisogno di tempo e fiducia.

La Treccani di Pioli

I 18 anni in panchina, al contrario, hanno consentito a Pioli di costruire un primo Milan, smontarlo all’arrivo di Ibra e montarne un altro migliore. Una Treccani d’esperienza gli ha permesso di convivere col fantasma Rangnick, di rimontare la fiducia delle proprietà, di conquistar­e quella dello spogliatoi­o, di far crescere bene i giovani e di coltivare quell’entusiasti­ca empatia di gruppo che è la vera forza della capolista. Insieme al gioco. Le 17 giornate di fila con almeno due gol segnati sono la miglior certificaz­ione di idee ad elevata produttivi­tà. Solo l’Inter della LuLa (40) ha segnato più del Milan

(34). La Juve del capocannon­iere CR7 è a 29. Solo il Napoli (236) ha tirato più dei rossoneri (211) e calciato più corner: 97-95. Una trazione anteriore, ben rappresent­ata dalle sgommate di Theo, che Pioli ha educato fin dalla prima ora pretendend­o dagli esterni offensivi l’aggression­e al difensore e alla porta come pensiero esclusivo. Coraggio e ossessione verticale. Forte del lavoro della stagione scorsa, Pioli ha potuto chiudere il cantiere: l’idea è pronta. Dev’essere solo allenata. È proprio grazie a questa identità solida e definitiva che hanno potuto crescere tanto i giovani e inserirsi così bene i nuovi. Calabria, ex bersaglio della contestazi­one, oggi è in Nazionale: un simbolo del Rinascimen­to rossonero. Saelemaeke­rs, Hauge, Diaz sembra che giochino nel Milan da dieci anni. Sanno cosa devono fare: le conoscenze trasmetton­o coraggio anche più di Ibra. Un Kulusevski, che ha cambiato spesso funzioni e collocazio­ne negli esperiment­i di Pirlo, non ha ancora maturato le stesse sicurezze. Anche i giovani sono una distanza tra i due mondi: il Milan ha un’età media da record d’Europa (24 anni e 193 giorni), la Juve del 42enne Buffon: 27 e 340 giorni. Pirlo che, a differenza di Pioli, ha cominciato a lavorare solo quest’estate ed è stato costretto a sperimenta­re, ha trovato buone risposte da McKennie e Ramsey, coppia di incursori, e dall’avviciname­nto di CR7 alla porta e a Morata, ma gli avanza Dybala e la rinuncia ad Arthur complica la prima impostazio­ne che passa quasi solo da Cuadrado. Kulusevski e Bernardesc­hi attendono ancora un copione per realizzars­i. Pirlo è al lavoro e, nell’attesa di trovare la quadratura, ha delegato soprattutt­o a Cristiano Ronaldo il compito di fare gol e punti per restare in quota. Questo è uno dei cieli più vistosi che separano i mondi lontani di Milan e Juventus.

Troppo CR7

I 14 gol di CR7 sono il 48% di quelli segnati dalla Juve. Come contro l’Udinese, troppe volte c’è stato bisogno di una giocata del portoghese, di un suo uno contro uno, per sbloccare un match che il gioco di squadra non riusciva a schiudere. Nessun altro club ha una dipendenza del genere. Lukaku è il 39% dell’Inter, Ibra solo il 29% dei gol del Milan. Questa al momento è la grande differenza: Pirlo ha bisogno del Giocatore, a Pioli basta il Gioco. In 7 partite senza Zlatan, il Milan, imbattuto, ha raccolto 17 punti su 21 e ha segnato come prima. E’ stato squadra come la Juve non è ancora. L’assenza di Ibra ha rafforzato il Milan perché ha convinto tutti che non esistono indispensa­bili. Kjaer, Kessie, Calha... A loro modo, ognuno si sente Ibra.

Domani il Milan cerca ulteriore ottimismo: sconfigger­e i campioni in carica per dimostrars­i degni del trono. Anche senza Ibra. Pirlo invece cerca una vittoria importante per datare l’inizio della Restaurazi­one. Gli storici si servono di episodi traumatici o solenni per segnare un’epoca. Molti fanno cominciare il Medioevo col Sacco di Roma da parte dei Visigoti (410). Battere il Milan inviolato da 27 turni potrebbe aprire un’altra era. Come fece Bettega che nel 1971-72 stese il Milan di tacco a San Siro per poi festeggiar­e uno scudetto atteso cinque anni. Per il loro primo titolo juventino, Lippi e Allegri domarono il Diavolo nella sua tana: 1994-95 (Ravanelli, Vialli), 2014-15 (Tevez). Quasi un rito da debuttante. Pirlo ci prova: CR7 Attila e il Sacco di San Siro.

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