La partita dei diritti tv Per una vittoria “larga” servono schemi diversi
Èla partita più difficile e più decisiva, quella che determinerà le sorti del calcio italiano nel prossimo futuro e perciò deve essere giocata con la formazione migliore e con le
idee più brillanti. È la partita dei diritti televisivi, cuore e polmone della sopravvivenza del sistema. È cominciata con la presentazione del bando per le prossime tre stagioni. Il primo elaborato nell’era post Infront, advisor e molto di più. Ma ricalca più o meno le stesse linee d’azione del precedente. L’unica novità significativa riguarda l’inserimento, nel caso le offerte andassero a vuoto, della ricerca di un partner per la realizzazione del canale della Lega: curioso non si sia aspettato il varo della Media Company che, con l’ingresso dei fondi d’investimento, a questa iniziativa dovrebbe eventualmente sovrintendere. Per il resto, le linee guida sono le stesse: restano la possibilità di vendere tutto a un intermediario indipendente (per intenderci, una soluzione tipo Mediapro, scongiurata appena in tempo tre anni fa) e persino l’offerta di un’esclusiva per il digitale terrestre al costo di 400 milioni annui, neanche esistesse ancora Mediaset Premium. C’è molto profumo d’antico e di stantio, in un momento in cui ci vorrebbero dinamismo e aperture al nuovo. In questi tre anni il panorama del mercato delle telecomunicazioni si è modificato a una velocità mai raggiunta in passato e, soprattutto, la pandemia ha sconvolto conti e abitudini del mondo del pallone e degli appassionati. La crisi che ha colpito molti dei principali sponsor e gli stadi chiusi hanno contribuito ad abbassare il valore totale del prodotto, divenuto un po’ meno appetibile anche televisivamente.
Il prezzo dei diritti peraltro era in calo pure prima dell’irrompere del coronavirus, persino nei Paesi calcisticamente più ricchi come Inghilterra e Germania. Per fortuna, accanto ai broadcaster tradizionali, cominciano a manifestare qualche interesse le nuove piattaforme streaming e ad affacciarsi i giganti del web, a partire da Amazon. Attenzione, però. L’approccio con questi nuovi player non può essere tradizionale. Inutile predisporre pacchetti che offrono almeno 114 o addirittura tutte le partite. Amazon, più che al calcio in sé, è oggi interessata al calcio come strumento per attrarre nuove fette di potenziali consumatori. Per questo per ora si limita a incursioni spot: due giornate di Premier League, 16 partite di Champions in Italia e 20 in Germania, con l’aggiunta di qualche incontro di Bundesliga non in esclusiva. Ecco, l’esclusiva sarà sempre più difficile da garantire, anche per il veto a Sky di averla sul web. L’obiettivo della Lega di ottenere 1 miliardo e 150 milioni l’anno per le prossime tre stagioni (+18%) appare irrealistico. A meno che non si studino modalità di offerta del tutto nuove, che passino magari anche attraverso la cessione di una piccola parte di calcio in chiaro, e che vadano incontro alle diverse esigenze digitali delle nuove generazioni: l’Nba ha sperimentato la vendita in pay per view, a 99 centesimi, dell’ultimo quarto e poi di dieci minuti delle partite. Idee troppo rivoluzionarie? In fondo, in Italia c’era una volta la telecronaca registrata del secondo tempo...