Maestri di guida F.1, LE MANS, INDY, DAKAR: DA HILL E CLARK AD ALONSO QUANDO LA PISTA È IL MONDO
Fernando rientra in Renault dopo aver provato corse di ogni tipo, come i miti del passato. Ecco le storie dei “polivalenti” del volante
Certi amori fanno giri immensi, magari passano per Indianapolis, Le Mans e la Dakar, e poi ritornano. A Fernando Alonso è capitato così. Ha svariato per un paio d’anni fuori dalla F.1, ora è ritornato, e ovunque è andato, come il vecchio Bufalo Bill di Francesco De Gregori, ha guidato per essere il migliore. Spesso ci è riuscito. Gli è rimasta un’incompiuta, un terzo della Tripla Corona ancora gli manca. Ma con quei 27 giri in testa nel 2017 ha dimostrato che la 500 Miglia di Indianapolis era alla sua portata. E si è conquistato un ruolo tra i più importanti in questa storia. La storia dei piloti capaci di far andare forte qualsiasi tipo di macchina.
Nessuno come Hill
La Tripla Corona inseguita da Fernando, lo sanno tutti, fin qui l’ha conquistata uno solo in settant’anni: Graham Hill. Ci sono due scuole di pensiero su questo Sacro Graal dei piloti: secondo l’una il terzo di corona riguardante la F.1 dovrebbe essere il Mondiale, secondo altri il solo GP di Montecarlo. In ogni caso: Hill il titolo l’ha conquistato due volte (1962 e 1968) e di GP del Principato ne ha vinti addirittura 5. Sulle due restanti corone nessuno ha dubbi: sono la 24 Ore di Le Mans, da Alonso conquistata due volte in questa sua lunga vacanza dalla F.1, e la 500 Miglia di Indianapolis. Hill la 24 Ore se l’è presa al decimo tentativo, nel 1972 (con Henri Pescarolo): aveva 43 anni ed era da sei che non ci provava nemmeno più. Indy invece l’aveva archiviata molto prima, al primo colpo, nel 1966, ma con qualche dubbio arrivato fin qui, più di mezzo secolo dopo. Era partito in quinta fila, aveva schivato un incidente mostruoso al via, in tutto era stato in testa solo 10 giri, o almeno così è stato ricostruito a posteriori. Perché lì per lì, alla bandiera a scacchi avevano decretato vincitore Jim Clark, il suo rivale. Poi hanno contato meglio i giri, e han deciso che a vincere era stato Hill. Ma ancora oggi c’è chi non sarebbe così pronto a giurare. Ed è così che è andata la storia della Tripla Corona. Anche se non è per quello che Clark non l’ha mai conquistata.
Lui la 500 Miglia l’aveva già vinta, l’anno prima, nel 1965, cioè nella stessa stagione in cui era diventato campione del Mondo di F.1. Peraltro lui sì con una vittoria nettissima, una delle più indiscutibili di sempre: 190 giri in testa su 200, oltre 2 minuti di distacco al secondo: era da 49 anni di fila che vincevano sempre piloti statunitensi. A Clark quel che manca è la 24 Ore: l’ha corsa tre volte, in una è arrivato secondo (1959), in una terzo (1960). Del resto la lista dei piloti di F. 1 che si sono cimentati a Le Mans è una specie di elenco telefonico. Pochi però i campioni del mondo capaci di vincerci, e cioè, oltre a Hill e Alonso, Jochen Rindt e l’altro Hill, l’americano Phil che ci è riuscito tre volte. Ancor meno i non-campioni che alla 24 Ore hanno abbinato il solo Montecarlo: Maurice Trintignant e Tazio Nuvolari. Non è tra loro quindi che bisogna cercare chi più si è avvicinato alla Tripla Corona. Meglio farlo tra i trionfatori del
la 500 Miglia di Indianapolis. Perché ci si trovano cinque campioni del Mondo. Detto di Hill e Clark, ci sono anche Mario Andretti, Emerson Fittipaldi e Jacques Villeneuve, peraltro tutti e tre conquistatori dell’intero campionato Usa a ruote scoperte. “Piedone” Mario nell’ovale dell’Indiana ci ha corso più di chiunque altro eccetto A.J.Foyt: 29 contro 35. È stato in testa in 11 edizioni per un totale di 556 giri, ma ha vinto una sola volta, nel 1969. Nove anni dopo ha trionfato in F.1, e 26 stagioni ancora dopo, nel 1995, a Le Mans è arrivato secondo. Aveva 55 anni. Stesso destino per Villeneuve, nel 1995 padrone del campionato e di Indy, peraltro rimontando dal 24° posto dopo le penalità per aver superato due volte (!) la safety car. Quindi campione in F.1 nel 1997 e poi, nel 2008, a lungo in testa anche a Le Mans su Peugeot (con Marc Gené) per poi chiudere a un nulla, a parità di giri, dall’Audi vincitrice. Fittipaldi, lui ha fatto addirittura il bis di tutto: trionfi in F.1, in Cart, alla 500 Miglia. Nel 1993 dando scandalo, perché sul podio decise di non bersi il latte del campione. Ma a Le Mans niente, ci si è iscritto una sola volta, nel 1985, e non è nemmeno partito.
Montoya ovunque
Per completezza è bello e giusto citare chi della Tripla Corona ha messo insieme due punte dalla prospettiva opposta. A.J. Foyt, per dire, a Indianapolis è uno
dei boss, con 5 successi. Nel 1967 ha conquistato anche Le Mans, e chissà cos’avrebbe combinato in F.1. Juan Pablo Montoya è un altro di quelli che ci è andato vicinissimo: campione Cart, vittorioso all’esordio a Indy (2000), e trionfatore anche a Montecarlo (2003). A Le Mans c’è stato, sì, ed è arrivato 3° solo due anni fa. In compenso si è preso l’altra 24 Ore, quella di Daytona (3 volte), e per completare un quadro di versatilità forse senza pari ha