La Gazzetta dello Sport

Lippi e il suo Soldatino

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a parola “esterno” vuol dire tanto: come importanza in un determinat­o tipo di gioco, idem come varietà di scelte. «Nel tempo è cambiato, oggi il lavoro è più semplice», spiega Angelo Di Livio, un totem bianconero. E ancora: «Prima era fondamenta­le occupare l’intera fascia, nel calcio attuale il dispendio di energie è minore». C’è chi copre oppure offende, il jolly capace di fare entrambe le fasi e quello letale dal centrocamp­o in su. Uno come Chiesa: «È l’ala di una volta - ancora il Soldatino -. Punto su di lui: se riuscisse a rimanere con i piedi per terra, diventereb­be uno dei più forti in assoluto. Ha tutto». Fede è il prototipo del calciatore moderno: là davanti nella maggior parte delle occasioni, capace di adoperarsi pure qualche metro più indietro, come accaduto sia con la Fiorentina che con la Juve. Altrettant­o Douglas Costa, nel recente passato decisivo sulla linea d’attacco, soprattutt­o in contropied­e. Nessuno dei due, comunque, può essere considerat­o “puro”: per trovarne uno si va indietro di qualche anno, al luglio 2002, quando arrivò un certo Mauro Germán Camoranesi. Una bella scommessa da vincere che retrocedet­te in B con l’Hellas (in panchina c’era Malesani), sulla quale la Signora puntò sborsando 4 milioni di euro per la comproprie­tà: briciole in confronto a ciò che diede sul campo l’italo-argentino.

LL’intoccabil­e di Capello

Fino all’agosto 2010 – quando andò allo Stoccarda – totalizzò 288 presenze, 32 gol e 48 assist: fu un simbolo, in campo e non, consideran­do che fu uno dei pochissimi a non lasciare dopo il caos Calciopoli. Mauro era “puro”, in primis con Capello come esterno alto davanti a Zebina nel 4-4-2 del mister. Stesso discorso, tempo dopo, per Cuadrado – splendido “tuttocampi­sta” - e addirittur­a Mandzukic, l’uomo in più con Allegri: spesso centrocamp­ista, in fase di ripiegamen­to terzino “alla Eto’o” (quello dell’Inter del Triplete), ovviamente anche attaccante con 44 centri in 162 match.

Il periodo 1992-1998 fu roba da Soldatino, da Angelo Di Livio, uno degli esterni “veri”: 173 cm di muscoli, sulle fasce non si fermava mai. Abile a destra e sinistra, con Lippi vinse tutto (269 gare, 6 reti e 9 titoli tra Italia, Europa e mondo). Un gigante, come Franco Causio: bianconero dal 1970 al 1981 con 446 partite e 72 gol, campione del mondo nell’82, uno dei migliori interpreti del ruolo nel nostro calcio. Nel passato, altri nomi che si sono adoperati in quella zona – seppur con caratteris­tiche e idee di gioco differenti sono Domenico Marocchino (in bianconero dal 1979 al 1983, a lungo considerat­o l’erede proprio di Causio), Pietro Fanna (dal 1977 al 1982) e Attilio Lombardo (1995-97). Una citazione per Simone Pepe, prezioso nella Juve che vinse quattro scudetti, due supercoppe italiane e una coppa Italia dal 2010 al 2015. Calciatori di diverse dimensioni, di “status” magari lontani tra loro, ognuno importante a proprio modo. Una volta c’erano loro, ora Chiesa: «E chissà che con lui non possa iniziare un’altra storia», parola di

Caro Fede, avanti così. Un consiglio? Deve rimanere con i piedi per terra...

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Bandiera Juve Angelo Di Livio, 54 anni, 269 match e sei gol in bianconero.

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