DALL’IRRUZIONE DELLO SCIAMANO ALLA PROCLAMAZIONE: LE IMMAGINI SIMBOLO
Rimangono i segni dell’assalto di mercoledì al Congresso degli Stati Uniti.
La giornata più buia della democrazia americana, com’è stata definita. A poche ore dalla proclamazione di Joe Biden, i sostenitori di Donald Trump hanno circondato, assediato e occupato il Parlamento, incoraggiati proprio dal presidente sconfitto, che non si arrende al verdetto del 3 novembre. Abbiamo visto i luoghi della democrazia violati e brutalizzati. Non in un Paese qualunque. Una ferita globale, difficile da far rimarginare. Scontri, violenze, danneggiamenti. La Guardia nazionale ha provato a contenere i manifestanti, a molti è apparsa “morbida”. Poche ore dopo, in un timido ritorno alla normalità, il vicepresidente in carica, Mike Pence ha proclamato formalmente la vittoria di Joe Biden e della sua vice, Kamala Harris. Il Parlamento statunitense ha saputo reagire. «La violenza non vince mai», ha detto Pence riferendosi ai manifestanti pro-Trump. Ora il Paese può «voltare pagina»,
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come ha auspicato Biden, che giurerà il 20 gennaio. «È stato un assalto al luogo sacro dell’America. Non una protesta, era terrorismo interno. Inaccettabile il diverso trattamento tra i manifestanti del Black Lives Matter e i sostenitori di Trump. Era tutto previsto, dopo 4 anni senza rispetto per le istituzioni», ha sottolineato Biden.
Un magma incandescente di fanatismo trumpiano ed estremismo politico. Resteranno nella memoria il copricapo di pelliccia, le corna bovine sfoggiate da Jake Angeli, lo “sciamano di QAnon”, tra i più fotografati nell’assalto al Campidoglio. Accanto a lui, suprematisti banchi e neonazisti, tra cui i Proud Boys. Tra le vittime c’è una donna, la veterana Ashli Babbitt, 35 anni, colpita da un colpo di pistola esploso da un poliziotto, mentre cercava di entrare in un’area vietata. Aveva prestato servizio in Afghanistan e in Iraq, poi nel Kuwait e nel Qatar con la Guardia Nazionale. Sui suoi social, tanti riferimenti alle “teorie del complotto” contro Trump. Delle altre tre vittime conteggiate dalla polizia si sa poco, «per emergenze e
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complicazioni». Una quindicina i feriti, 68 gli arresti. Washington adesso è blindata. Seimila agenti della Guardia nazionale schierati a difesa del Parlamento, ma la polemica divampa. «Perché si sono fatti trovare impreparati?» ci si chiede. Travolto dalle polemiche si è dimesso il viceconsigliere per la sicurezza nazionale, poi dimissioni a catena. Lascia anche la ministra dei Trasporti. E i Dem chiedono un’inchiesta sull’assalto.
È la sconfitta definitiva. «Sono totalmente in disaccordo con il risultato delle ele
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nIl caos e le falle nella sicurezza Il tycoon isolato dai suoi e “silenziato” dai social Dal Congresso sì finale a Biden «Terrorismo domestico»
Il Congresso, dopo le violenze, proclama presidente Joe Biden (nella foto). Non si placa l’indignazione per l’assalto dei manifestanti pro-Trump, che ha portato a 4 morti, 15 feriti e 68 arresti. Si dimettono molti alti responsabili della sicurezza e la ministra dei Trasporti. Totale condanna dai leader mondiali
IL REPORT FINALE SUL 2020