La Gazzetta dello Sport

MILLE VOLTE MALDINI

Cesare, Paolo, Daniel La famiglia da record

- di Bocci

Una storia italiana, si potrebbe dire. Una storia iniziata negli anni Sessanta, con Cesare che alzava da capitano la prima coppa dei Campioni (non la prima del Milan, la prima per un club italiano) a Wembley, proseguita con Paolo, leggendari­o per qualità e longevità, e infine con Daniel, il figlio piccolo di Paolo. Quello che ha raggiunto contro la Juve, nella serata della perdita dell’imbattibil­ità del Milan, quota sei presenze in campionato, ma soprattutt­o quota mille in una stirpe di maestri. Ci sono altri casi di famiglie nelle quali l’amore per il pallone corre lungo l’albero genealogic­o, dai Forlan ai Laudrup, dai Marcos Alonso ai Gudjohnsen, dai Mazzola ai Cudicini. Ma è difficile competere con i Maldini. Tre generazion­i, una maglia, la numero 3 di Paolo, ritirata, 6 fra coppe Campioni e Champions League, perché dal 1963 in poi c’è stato quasi sempre uno di famiglia. Unica eccezione, il trofeo conquistat­o nel 1969. Paolo ha provveduto a colmare quel buco e finché il Milan ha vinto in Europa c’è stato sempre.

Le scarpe strette

Storia lunga, di occasioni e coincidenz­e e difficoltà. Paolo esordisce nel Milan nel gennaio 1985. Ha appena 16 anni, è il figlio di Cesare, una posizione non proprio comoda per uno che si ritrova a giocare nel Milan. Liedholm lo convoca all’improvviso perché ci sono tanti assenti. Paolo è a Milanello, aggregato alla prima squadra dalla Primavera. Parte convinto di andare al massimo in panchina, però il destino è destino. A Udine nevica e quello che è ancora il figlio di Cesare non ha le scarpe con i tacchetti adatti. Gliene danno un paio un po’ piccole, ma pazienza. Perché nasce una stella. Che in seguito sarà allenata dal padre più volte, dalla Under 21 in poi, e alla fine nessuno ha più pensato che Paolo fosse “il figlio di”. Perché era Paolo, un talento che ha fatto la sua storia e che ora è padre di un ragazzo promettent­e. Uno che il Milan ha deciso di non far partire in prestito, perché la sostanza c’è. Non il talento infinito del padre, però l’importante è non guardarsi indietro e il ruolo aiuta: dopo due difensori, la dinastia propone un attaccante. Il padre non allena, il padre ha il compito di ingaggiare talenti. E a Daniel, Paolo ha ripetuto un consiglio: elaborare le pressioni a modo proprio. «Dal mio punto di vista, essere figlio è peggio», dice il manager rossonero. Uno che ha vinto cinque Champions League, figlio di un altro vincente. Eredità pesante quanto un orgoglio che vale più di mille partite, eppure leggera.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy