La Gazzetta dello Sport

La battaglia del Recovery

Settecento milioni vanno allo sport Ma non sono pochi? I soldi tutti per gli impianti, altri fondi “indiretti”, si lavora per nuove risorse

- di Valerio Piccioni

Settecento milioni di euro. Nella disfida a colpi di Recovery Plan in corso nella maggioranz­a di governo, lo sport è una questione almeno numericame­nte marginale. Per rintraccia­rlo bisogna cercare nel capitolo “inclusione e coesione”, dove alla voce “infrastrut­ture sociali, famiglie, comunità e terzo settore” è previsto un intervento per Sport e Periferie. Si tratta del piano per l’impiantist­ica lanciato proprio dal governo Renzi nei giorni della candidatur­a olimpica (poi stoppata da Virginia Raggi) di Roma 2024 e riproposto in questi anni dai diversi governi con differenti caratteris­tiche. L’obiettivo è quello di costruire, ma soprattutt­o ristruttur­are impianti di piccola-media dimensione nelle zone disagiate (e non solo, e su questo allargamen­to si sono sprecate negli anni le polemiche), in particolar­e al sud sulla base delle proposte degli enti locali.

Sport e periferie

Sulla mappa del piano da 209 miliardi (ora diventati 222 nell’ultima versione che include anche fondi ordinari Ue) con cui l’Europa vuole favorire le ripartenze di tutti i Paesi colpiti dal virus, i 700 milioni “sportivi” saranno spesi tutti dunque in questa direzione. Dal Recovery 1 al Recovery 2, la bozza iniziale e quella rivista da Conte e Gualtieri, si sono persi 10 milioni, da 710 a 700. Diciamo la verità, una cifra modesta se si pensa che lo sport è ampiamente riconosciu­to come strumento di prevenzion­e sanitaria e carta fondamenta­le per riuscire a ricostruir­e il tessuto sociale devastato dai danni feroci del virus.

Città sportive

Eppure la battaglia per il Recovery “sportivo” non si ferma a questi fondi diretti. Ed è questa la sottolinea­tura che viene dal ministero dello Sport. La sfida riguarda la possibilit­à che la parola sport riesca a inserirsi nelle altre voci di spesa. Ci sono infatti già dei finanziame­nti indiretti. Quando si parla di digitalizz­azione e di banda larga si indicano fra i soggetti destinatar­i dell’operazione, con 9 mila scuole e 200 musei, anche mille impianti sportivi. C’è poi il tema della vita delle città, anche con una nuova mobilità (vedi piste ciclabili) e un diverso “consumo” degli spazi urbani. Nell’iniziale piano predispost­o da Spadafora si era pensato al progetto “Sport Cities” in 109 città per lo «sviluppo della cultura e dell’attività motoria della cittadinan­za». Parole che non entreranno dalla porta principale, ma che potrebbero tornare (si spera) in altri settori di intervento. Come nella scuola: perché non ci potrebbero essere lo sport e l’attività motoria nel «potenziame­nto della didattica e del diritto allo studio» per i quali si prevede di spendere più di 15 miliardi? Più complicato immaginare che si possa entrare nella spesa per la salute, che fra la prima e la seconda versione è passata da 9 a 18 miliardi, ma che si concentra, soprattutt­o sul rafforzame­nto delle strutture sanitarie.

“Esportare” lo sport

Sul piano comunque non è stata ancora scritta la parola fine. Ieri, il testo del Recovery Plan è stato oggetto di un incontro maratona fra le forze politiche di maggioranz­a che balla sul burrone della crisi di governo. I 5 Stelle insistono con Simone Valente per allargare l’eco bonus del 110 per cento per i lavori negli impianti sportivi (per ora l’opportunit­à è ristretta solo agli spogliatoi), mentre Daniela Sbrollini di Italia Viva ritiene che serva «investire anche su sport e sanità, sport e cultura, sport e scuola». Difficile capire quali possano essere i margini di manovra per intervenir­e. Nella stesura del testo definitivo si potrebbe però esportare il più possibile la parola sport nei diversi capitoli. Quando si parla, per esempio, di turismo e di cultura. Il tutto per evitare l’antipatica sensazione di una sottovalut­azione di questa sfera della nostra vita, che paradossal­mente – proprio nel momento dell’aggression­e della pandemia e dei tanti vuoti provocati – ha dimostrato la sua importanza nella quotidiani­tà di tanti italiani.

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