Suning cerca soldi freschi Trattativa con un fondo
Palleggio, ritmo e verticalità Ecco il regista
Nella vittoria di mercoledì scorso a Crotone c’è un dato che è emerso in modo eloquente, la grande capacità di Gonzalo Villar di non sprecare mai niente di ciò che riceve in dote. Non una banalità, perché poi il regista proprio questo deve saper fare. Ed allora quei 67 passaggi positivi sui 69 palloni giocati complessivamente dallo spagnolo della Roma impressionano un po’ tutti. E bisognerebbe andare a capire come sono nati gli unici due palloni sbagliati dal mediano giallorosso, perché la vera notizia — di fatto – è proprio quella...
L’apprendistato
Insomma, quei segnali che arrivavano pian piano nel corso dei mesi scorsi sono diventati ora quasi certezze. Gonzalo Villar sembra essersi preso davvero la Roma. E se non in maniera definitiva (per la consacrazione finale c’è ancora bisogno di tempo), sicuramente in un modo importante. Terminato il periodo di apprendistato e studiato a fondo il campionato italiano (decodificando anche le differenza con il calcio spagnolo), il mediano giallorosso ha capito sempre meglio il calcio di Fonseca. Calandocisi dentro, al cento per cento. E Fonseca ha finito con il trovare quel regista che andava cercando dall’inizio della sua avventura romanista. Lì, in quel ruolo, ci aveva provato prima Diawara, poi Cristante e infine Pellegrini. Ma nessuno sembra calzarci alla perfezione come Villar. Che il calcio di Fonseca sembra averlo ben fisso in testa, per sviluppo e dinamica. Sa quando abbassarsi, quando temporeggiare o osare. O anche quando c’è da alzare il ritmo o limitarsi a palleggiare, per poi cercare il varco giusto e andare a far male all’avversario di turno. Insomma, in questi ultimi mesi Villar è cresciuto tantissimo. E Fonseca lo ha premiato in più di un’occasione.
Le sue soluzioni
Villar è arrivato a Roma che era una scommessa, adesso in Spagna sono in tanti a rimpiangerlo ed a chiederne la convocazione in nazionale da parte di Luis Enrique. Come tutti i calciatori spagnoli gli piace giocare la palla, ma rispetto a tanti altri sa andare anche in verticale e non solo in orizzontale. Insomma, gioca con i piedi ma ragiona con la testa. E non è raro vederlo studiare i movimenti dei compagni ancora prima di ricevere il pallone, proprio per capire quale può essere lo sviluppo migliore della manovra. Fonseca gli chiede di abbassarsi quasi a ridosso dei difensori per andare a giocare palla e costruire dal basso. Poi, una volta in possesso del pallone, Gonzalo può giocare corto sull’altro mediano (Veretout) o sul trequartista di riferimento (Mkhitaryan) o lungo sui due esterni (Spinazzola più di Karsdorp). Gli piace attirare la pressione dell’avversario su di sé, per poi saltare una linea di pressione, magari con un passaggio smarcante o andando lui stesso in verticale. «Sono un centrocampista a cui piace essere sempre vicino alla palla, per offrire linee di passaggio e aiutare i compagni - disse nel giorno della sua presentazione -. E mi piace anche portare la palla, per superare la pressione degli avversari».
La sua crescita
Di Gonzalo colpisce soprattutto l’eleganza con cui tratta la palla, ma anche la semplicità con cui trasforma i pericoli in soluzioni. Anche i compagni oramai hanno imparato a fidarsi e si affidano sempre più a lui, anche quando sono in difficoltà. Non era semplice, soprattutto per un “bambino” che veniva dalla Serie B spagnola. Già, perché qualcuno appena arrivato lo considerava così, anche per quella sua faccia pulita e quel modo sempre gentile di sapersi porre. Ed invece il bambino è già diventato ragazzo, in campo addirittura quasi un adulto. Fonseca a volte lo ha impiegato anche come trequartista, proprio perché la qualità nei suoi piedi è alta. Ma è in mezzo al campo dove dà il meglio di sé, avendo dimostrato di saper gestire anche una squadra importante come la Roma. A Gonzalo, del resto, piace prendersi le responsabilità e lo fa anche fuori dal campo, quando si chiude a casa con i libri del corso universitario in amministrazione gestione delle imprese. Con lui la Roma ha trovato probabilmente il regista che cercava. L’importante è non perdersi, ma la testa sembra quella giusta...