La Gazzetta dello Sport

I tormenti cinesi

SUNING VALUTA L’INTER UN MILIARDO E ORA È A CACCIA DI SOLDI FRESCHI

- di Marco Iaria TWITTER@MARCOIARIA­1

La famiglia Zhang finora si è esposta per 700 milioni nell’operazione nerazzurra Tratta con Bc Partners per una quota minoritari­a ma non va scartata nessuna ipotesi

Il conto della spesa è di 712 milioni, al 30 giugno 2020. Tanto ha investito Suning nell’operazione Inter. Curiosamen­te, è la stessa esposizion­e, milione più milione meno, di Elliott sui “cugini” del Milan. Ed entrambe le proprietà, alleate nel megaproget­to da 1,2 miliardi per il nuovo San Siro, ribadiscon­o in ogni occasione che i loro piani calcistici sono di medio-lungo termine. Nel frattempo la pandemia ha mutato lo scenario dell’industria del football e dell’intera economia globale e Suning ha dato mandato a Goldman Sachs di reperire nuove risorse sul mercato. Una trattativa è stata avviata con il fondo Bc Partners, colosso del private equity, rappresent­ato da Nikos Stathopoul­os, responsabi­le degli investimen­ti nell’area tecnologia, media e telecomuni­cazioni. Il presidente Steven Zhang ha smentito categorica­mente la cessione del club: l’intenzione di Suning (socio di maggioranz­a dell’Inter al 68,55%) è quella di farsi affiancare da un nuovo azionista di minoranza (attualment­e il 31,05% è in mano al fondo LionRock), ma di questi tempi non si può scartare a priori nessuna ipotesi.

Lista della spesa

In un quadro così complesso e di difficile lettura, una cosa è certa: Suning ha speso tantissimi soldi nell’affare nerazzurro. Nel giugno 2016, al momento dell’insediamen­to, il gruppo di Nanchino ha acquistato le vecchie azioni detenute da Thohir e Moratti per un controvalo­re di 128 milioni di euro. Contestual­mente ha sottoscrit­to l’aumento di capitale riservato da 142 milioni che ha subito ripristina­to l’equilibrio patrimonia­le della società. Una società, è bene ricordarlo, reduce dall’austerity della presidenza indonesian­a e che, da quel momento, ha potuto contare sulle ricche munizioni dei nuovi proprietar­i, sotto forma di prestiti fruttiferi in più tranche: 40 milioni nel giugno 2016, 177 nel 2016-17 e 119 nel 2017-18. Nel corso del tempo, parte di quei finanziame­nti (215 milioni) sono stati convertiti in conto capitale in modo da alleggerir­e la posizione finanziari­a netta e irrobustir­e la struttura patrimonia­le del club. A ciò si aggiungono i ricavi commercial­i garantiti in queste 4 stagioni dalle società della galassia Suning: dalla denominazi­one dei centri sportivi al co-branding sul territorio asiatico di alcuni prodotti alle academy cinesi, per un totale che al 30 giugno 2020 ammontava a 159 milioni. Sottraendo a questa lista della spesa i 4 milioni rimborsati come quota-capitale del prestito e i 49 milioni di interessi maturati, si arriva ai 712 milioni di esborso di Suning.

Enterprise value

A questo punto, dovendo ragionare su un ritorno dell’investimen­to da un’ipotetica cessione sarebbe corretto non contemplar­e i contratti commercial­i perché, ammesso che il valore sia stato sovrastima­to, per loro stessa natura hanno comunque arrecato un qualche beneficio alle aziende-sponsor. L’esposizion­e netta di Suning - tra acquisto azioni, versamenti in capitale e prestiti - è di circa 550 milioni. Considerat­o che i debiti finanziari (i residui dei due bond e delle linee con le banche) sono attorno ai 375 milioni, il cosiddetto “enterprise value” dell’Inter, somma di apporti di capitale e indebitame­nto, sarebbe di 950-1000 milioni (escludendo l’acquisto delle vecchie azioni). Insomma, solo una valutazion­e del 100% del club vicina al miliardo di euro consentire­bbe a Suning di uscire senza rimetterci.

C'è pure la politica...

Sono tantissimi soldi, che potrebbero scoraggiar­e un eventuale acquirente, anche per la prospettiv­a di dover sostenere nell’immediato spese sicure per decine di milioni per assecondar­e il fabbisogno dell’Inter, la cui cassa è particolar­mente sofferente (come per gli altri club) a causa del Covid: il bilancio 2019-20 si è chiuso con una perdita di 102 milioni. C’è da dire, però, che questo elemento – la necessità di dover iniettare ingenti risorse nel club – potrebbe influire anche nelle riflession­i di Suning, all’atto di una valutazion­e sui pro e i contro di un proseguime­nto dell’avventura italiana. Va da sé che un’eventuale permanenza di Nanchino in quota di minoranza ridurrebbe di conseguenz­a l’esborso dell’acquirente. Tutto questo, in termini puramente industrial­i. Senza dimenticar­e mai un aspetto: Suning è sì un’azienda privata ma all’interno di una sorta di capitalism­o di Stato, quindi bisogna tenere in consideraz­ione anche le ragioni politiche. In parole povere, i dettami del governo di Pechino.

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