Giovani, forti, costano poco Il calcio scopre l’America
Da McKennie a Dest Il calcio ha scoperto la giovane America
Verdissimi A novembre la nazionale poteva schierare un 11 da 21,5 anni
Multirazziali Figli di haitiani o argentini, latinos, tedeschi o polacchi
In Europa i nazionali statunitensi spopolano, tanti talenti come lo juventino e il catalano che costano ancora poco E in arrivo c’è l’esterno Reynolds, giocherà a Benevento
La nuova America di Joe Biden è giovanissima, multirazziale e internazionale. I suoi ragazzi ormai giocano quasi tutti in Europa – una trentina circa - e molti ad alti livelli, dieci per esempio erano iscritti al via della Champions League in corso. Ecco perché la nuova America è anche tostissima. È la new generation di Gregg Berhalter - 47enne coach degli Usa del soccer da un paio di stagioni - alla quale presto si aggiungerà Bryan Reynolds, promettente difensore di Dallas classe 2001, per ora nazionale Under 18, nato esterno d’attacco e in arrivo a Benevento, via Juventus. Dove magari tornerà già in estate, per ritrovarsi con Weston McKennie, 22 anni, e già quarto più presente nell’US National Team nei convocati di fine anno (21 gare con gli Usa e 6 gol), altro ex Dallas, città e club dove vide arrivare proprio l’allora 14enne Reynolds nel 2015, prima di essere svezzato allo Schalke dal 2016. McKennie centrocampista box to box come si è visto alla Juventus, già in rete in Europa a 20 anni con lo Schalke.
Tutti europei, 22 anni di età media
A novembre scorso per due amichevoli, dopo oltre 9 mesi di stop da Covid e a un anno dall’ultimo match ufficiale, il c.t. americano Berhalter ha potuto decisamente ringiovanire il roster – la rosa -. Tante facce nuove, addirittura 10 giocatori debuttanti, soprattutto una linea verde mai vista in altre selezioni. I 24 chiamati da Berhalter per le gare con Galles e in Austria contro Panama avevano un’età media di appena 22,2 anni. Un solo 30enne in rosa, Tim Ream del Fulham, e un paio di allora minorenni, Yunus Musah del Valencia (già Under inglese) e Giovanni Reyna del Dortmund, figlio del glorioso Claudio «Captain America». Al Wiener Neustadt, in Austria, Berhalter, per la prima volta dopo ben 11 anni, ha schierato una formazione Usa con ragazzi tutti tesserati in Europa. E un’età media di 22,4 anni, la seconda più giovane in assoluto della storia a stelle e strisce. Quante nazionali oggi se lo possono permettere? Non solo, con due allora minorenni (appunto Musah e Reyna), e inoltre il c.t. avrebbe potuto schierare un «undici» ancora più verde, senza disperdere talento: sui 21 anni e mezzo!
Development Academy
Non solo giovani, dicevamo all’inizio, ma anche internazionali e multirazziali. Sì, la «golden generation» statunitense ha origini quanto più miste possibile. In porta per esempio c’è Zack Steffen, 25 anni, della Pennsylvania, mamma Stefanie di origine tedesca, al Manchester City dopo una stagione in prestito al Fortuna Dusseldorf. Uno dei tanti talenti cresciuti grazie al progetto US Soccer Development Academy, cioè il campionato dei vivai, dall’Under 12 all’Under 18, anche a livello femminile, creato nel 2007 dalla federazione in accordo con la Mls, il torneo più prestigioso d’America, dove sono passati anche i nostri Zenga (anche allenatore lì), Ibra, Giovinco (l’ha vinto a Toronto), Pirlo, Di Vaio, Donadoni, Nesta fra gli altri. Ecco, attenzione, la Mls è spesso considerato un «cimitero degli elefanti», per giocatori a fine carriera. Spesso è così, specie per gli europei. Ma per gli americani è un trampolino di lancio.
Collaborazioni con Bayern e City
Come lo è stato il programma Development Academy, i tornei per ragazzi. Perché tutti i grandi club della Mls, e non solo, hanno istituito negli anni un vivaio, l’hanno potenziato e hanno poi avviato collaborazioni con club europei. Come quella fra l’FC Dallas di McKennie e Reynolds e il Bayern Monaco, che in Texas ha già preso nell’estate 2018 il promettente difensore Chris Richards, 20 anni, 188 cm per 82 kg, da poco convocato con gli Usa, e approdato a Monaco dopo un provino di 10 giorni; lo scorso 18 settembre Flick l’ha lanciato contro lo Schalke al posto di Boateng, il suo idolo. Proprio in questi giorni sempre il suo Bayern sta ospitando per uno stage 6 ragazzi dell’Academy di Dallas in Germania. Altra ovvia collaborazione è fra l’Academy dei New York City con i club del gruppo, in primis il Manchester di Guardiola. Di cui appunto il portiere Steffen è finora fra i frutti migliori, dopo aver fatto esperienza alla Philadelphia Union Academy. Anche i talentuosi Pulisic e Reyna sono figli, oltre che di ex calciatori, delle Development Academy. Christian del Chelsea, ormai “anziano” nazionale coi suoi 22 anni e 34 presenze (14 gol), scoperto dal Dortmund e poi venduto al Chelsea per 64 milioni due anni fa, è venuto su alla PA Classics, in Pennsylvania; papà Mark era un pro nell’indoor soccer e poi allenatore di college. Reyna invece, battezzato Gio come l’amico di papà van Bronckhorst, compagno ai Rangers in Scozia a fine anni Novanta, è nato a Sunderland in Inghilterra, dove giocava allora il padre Claudio, figlio di un argentino e di una portoghese; anche la mamma, Danielle Egan, è stata nazionale Usa. Lui è tutto scuola NY City – campione del Development Under 18 nel 2018, e poi Dortmund dal 2019. Anche Matt Miazga, 25enne difensore ora al Reading, viene dall’Academy, lui però NY Red Bulls: di origini polacche, di proprietà Chelsea ora gioca all’Anderlecht, allenato da Vincent Kompany, i suoi idoli sono Piqué e Puyol,
Cannon e il BLM
Altri difensori Made in Usa di valore sono l’esterno destro Sergiño Dest, 20 primavere, già colonna del vivaio Ajax dai 12 anni, e ora al Barça, di mamma olandese e primo american in un Clasico spagnolo; sull’altra fascia Reggie Cannon, 22 anni, è la novità del Boavista portoghese, altro scuola FC Dallas e impegnato nel movimento Black Lives Matter, tanto da
subire minacce di morte. A centrocampo invece gli emergenti sono Tyler Adams, 21 anni, Lipsia, come Miazga cresciuto nell’Academy dei NY Red Bulls, già 47 match in Germania e 1 gol all’Atletico ad agosto, quello del 2-1 all’88’ nei quarti di Champions. Sulle fasce corre anche Musah, 18 anni, nato a New York da genitori ghanesi lì in vacanza, cresciuto al Giorgione di Castelfranco Veneto, poi a 10 emigrato con la famiglia a Londra e subito notato dagli scout dell’Arsenal; dalla scorsa stagione a Valencia, a segno col Getafe (2° più giovane di sempre nel club) è stato Under inglese dai 15 ai 19.
Latinos e italiani
Di punta chi altri da segnalare se non Tim Weah, 20 anni, figlio di cotanto padre? Nato a Brooklyn, da mamma giamaicana, a 14 anni già nel Psg, grande amico di Adams, amante del trap soul, tripletta al Paraguay al Mondiale U17 del 2017, prima in prestito al Celtic e ora al Lilla per 10 milioni. Con gli Usa ha già firmato un centro alla Bolivia nel maggio 2018. Fra gli altri giovanissimi neo debuttanti in nazionale a novembre scorso ci sono il talentino Konrad De
La Fuente, 19 anni, del Barcellona, da Miami ma figlio di haitiani, in Catalogna già a 11 anni; o l’italo-americano Nicholas Gioacchini, 20 anni, ma di mamma giamaicana, ora del Caen francese, Paese dove ha vissuto dai 15 anni dopo essere stato per 4 in Italia, a doppietta contro Panama alla sua seconda presenza in nazionale, e già a 4 gol in Ligue 2 in stagione. E poi Seba Soto, 20 anni, californiano del Norwich, in prestito al Telstar olandese, dopo l’Hannover tedesco, di madre messicana e papà cileno, 7 reti ora in seconda serie olandese, e anche lui a doppietta con Panama da subentrate. È in nazionale in rappresentanza degli oltre 50 milioni di latinos presenti negli Usa. Come Ulysses Llanez, 19enne collega di reparto, di origini messicane, all’Heerenveen in prestito dal Wolfsburg, scuola Galaxy, in rete con la Costarica al debutto. O l’altro 19enne Hoppe, a tripletta ieri con lo Schalke. Sì, l’America è cambiata.