La Gazzetta dello Sport

Giunti, la morte assurda di un vero signore

- di Luca Delli Carri

Jean Pierre Beltoise che spinge, per minuti interi, la sua Matra verso i box, nell’assurda ansia di poter riprendere la corsa e poi, a un certo punto, sfinito, sconfitto, con le braccia spossate e penzolanti, passa da sinistra a destra, per impugnare il volante e, ma apparentem­ente senza motivo, correggere la traiettori­a di quella corsa immobile, e poi osserva un’auto sopraggiun­gere, una Ferrari, che lo schiva di un pelo ma subito dietro, in una succession­e tanto rapida da parere colpi d’arma da fuoco, un’altra auto rossa che a schivarlo non riesce e colpisce la sua, quasi gliela sottrae, come una palla da biliardo che sul panno verde impatta su una gemella e l’una si blocca e l’altra prende a correre. Così capita: l’auto rossa si ferma nel centro della pista e con essa il cuore del pilota al volante, mentre l’altra schizza via, sparata lontano da lì, dalla scena non più sua, ora invasa di fiamme e fumo nero e tristezza, una tristezza insopporta­bile.

Le storie migliori cominciano dalla fine. Questa di Ignazio Giunti ancora di più, perché terribile è stato l’atto finale di una giovane vita e una carriera tra le più promettent­i che l’Italia delle corse avesse visto fino a quel giorno. Era il 10 gennaio 1971, cinquant’anni fa.

Carriera spezzata

Nella brevità intrinseca della scrittura giornalist­ica non puoi raccontare niente, figurati un uomo con le sue aspirazion­i, i successi, gli errori; al massimo, puoi suggerire un’atmosfera, ispirare approfondi­menti, tenere vivo il ricordo. «Bugiardo più che mai / più incoscient­e che mai / che tristezza però / un amore con te», cantava Mina in quei giorni. Una musica da piangere, parole che affettano il cuore. Da ascoltare mentre vanno quelle immagini, gli ultimi momenti di Ignazio a Buenos Aires, con la manovra al limite di Mike Parkes, il pilota della Ferrari che lo precedeva, e il gesto insano di Beltoise, che nessun commissari­o di pista ha impedito. Erano anni così, bugiardi e incoscient­i. Gli anni di un pilota che aveva ancora tutto da dire e il profilo gentile di una Roma nobile, che lo accomuna a Elio De Angelis. Re con le Alfa Gta, Giunti aveva fatto carriera in fretta, ma a differenza di tanti altri piloti, era a suo agio con le grandi potenze, e questo gli aprì le porte della Ferrari nel 1970, anno in cui arrivò quarto nel suo primo GP di Formula 1 a Spa-Francorcha­mps, in Belgio, prima di vincere la 12 Ore di Sebring. Come in altri casi, l’anno seguente avrebbe dovuto avvenire la definitiva affermazio­ne, e invece... «Certo visto così / da vicino /c’è il sonno che ti dà / un’aria da bambino...».

 ??  ?? Talento Ignazio Giunti (1941-1971), 4 GP disputati in F.1, tutti su Ferrari
Talento Ignazio Giunti (1941-1971), 4 GP disputati in F.1, tutti su Ferrari

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