ALLARME ROSSO
La Formula 1 pensa di rinviare le regole 2022 Ecco perché per la Ferrari sarebbe un guaio
L’onda lunga della pandemia continua a far tremare il mondo della F.1. Il rischio che si ripeta uno scenario simile a quello della passata stagione, con gli incassi in calo e i piccoli team in affanno economico, non è da escludere. Il rinvio del GP d’Australia, la cancellazione per il momento di quello della Cina, l’impossibilità di correre in Vietnam e l’ipotesi che saltino altre gare, sono tutti segnali che il sistema dei GP non è al sicuro dalle ripercussioni dell’emergenza coronavirus nei vari Paesi. La preoccupazione riguarda in primis la Gran Bretagna, visto che la maggior parte delle squadre ha base inglese, compresa la Mercedes con le fabbriche di Brackley e Brixworth. Nei giorni scorsi, il premier Boris Johnson ha annunciato un terzo “lockdown” nazionale, destinato a durare almeno fino alla metà di febbraio, con la chiusura delle scuole e lo stop delle principali attività. Un provvedimento, giustificato dalla spaventosa crescita dei contagi per la “variante inglese” del virus, che potrebbe mettere in difficoltà le industrie locali e quindi i team, impegnati in queste settimane a preparare il via del prossimo Mondiale (il 28 marzo in Bahrain) e a definire i loro piani in vista del 2022. Per adesso si tratta solo di un allarme, perché le conseguenze della chiusura non sono valutabili, ma a livello politico si è già discusso delle eventuali contromisure.
Salvataggio bis?
Fra le ipotesi, c’è quella di rinviare l’introduzione del nuovo regolamento tecnico, che è già slittato di un anno, e dovrebbe entrare in vigore nel 2022. Riprogettare completamente le vetture richiederà infatti uno sforzo finanziario straordinario da parte delle squadre. Mentre le previsioni economiche non inducono all’ottimismo. Una combinazione di fattori che potrebbe minare la solidità dei bilanci dei team minori e metterne perfino a rischio l’esistenza, come nel caso di Haas e Williams,
la cui sopravvivenza è stata assicurata dal sostegno della Ferrari nel primo caso e dall’ingresso degli investitori di Dorilton Capital nel secondo. Inoltre va considerato che gli introiti del sistema guidato da Liberty Media potrebbero non tornare ai livelli del passato, se i Paesi che versano di più (quelli extra europei) saranno costretti a rinunciare alle loro gare o se si correrà a porte chiuse senza pubblico pagante. La F.1 è arrivata a generare un reddito di oltre 1 miliardo di dollari fino al 2019, mentre l’anno scorso la cifra si sarebbe all’incirca dimezzata.
Voci di spesa
L’unica maniera per scongiurare un collasso è assicurare una maggiore sostenibilità al modello di business della F.1. In altre parole, risparmiare. Per farlo, il modo migliore è ridurre gli investimenti necessari a costruire le vetture e a svilupparle. È questa, infatti, la voce di spesa più elevata per i team, che investono risorse gigantesche nella ricerca in galleria del vento, sui banchi prova dinamici, sui banchi prova motore e al simulatore. Le altre uscite, relative alla gestione ordinaria durante il campionato, pesano molto di meno. Ecco perché il “congelamento” tecnico introdotto dalla Fia nel 2020 — che ha imposto a tutti di realizzare le monoposto 2021 sulla stessa base telaistica della stagione precedente — ha avuto una ricaduta positiva sulle casse dei team. Il “budget cap”, entrato in vigore il primo gennaio, impone ora un tetto alle spese di 145 milioni di dollari (120 milioni di euro) per ogni squadra, motori esclusi. Ma è una cifra ancora elevata per quelle più piccole.
Decisioni a febbraio
I team faranno il punto a febbraio, quando mancherà poco più di un mese all’inizio del campionato, per capire se ci siano le condizioni per disputare la stagione con tranquillità e allo stesso tempo affrontare l’impegno economico legato alla rivoluzione delle regole nel 2022. In quell’occasione, si valuterà inoltre l’impatto del “lockdown” sull’industria inglese. E sarà deciso se sia necessario o meno un ulteriore rinvio dei nuovi regolamenti al 2023. In questa partita, giocherà un ruolo fondamentale la Ferrari.
Alla scuderia di Maranello, reduce da un’annata disastrosa e costretta a recuperare sulla concorrenza, mantenere lo “status quo” non conviene. La stabilità tecnica frena la rossa. Il team principal Mattia Binotto ha ripetuto più volte il concetto, spiegando di avere accettato il “congelamento” 2020 per senso di responsabilità nei confronti della F.1. Sarebbe dura digerire un altro stop. La Ferrari ha come asso nella manica lo storico diritto di veto, mantenuto anche dopo la firma del nuovo Patto della Concordia, ma in passato l’ha usato sempre con molta parsimonia. Vedremo stavolta.