La Gazzetta dello Sport

IRVING È TORNATO «DOVEVO TROVARE L’EQUILIBRIO NELLA VITA»

L’asso dei Nets era sparito il 7 gennaio. Ha donato una casa alla famiglia di George Floyd, ucciso da un agente, e oggi gioca: «Mondo difficile, avevo bisogno di un aiuto»

- Davide Chinellato

Kyrie Irving è tornato. Era sparito dal 7 gennaio, ufficialme­nte in permesso per «motivi personali» ma che sapeva troppo di stranezza di un campione grande ma sempre fuori dagli schemi. Ha parlato con i compagni,, coi suoi Nets, quelli che lo consideran­o un uomo franchigia come Kevin Durant e che nel frattempo hanno preso anche James Harden. E che oggi, a Cleveland dove è cominciata la sua carriera Nba, si aspettano di rivederlo in campo per cominciare la nuova era dei Big Three e continuare la serie di vittorie arrivata a quattro dopo il bel successo interno su Milwaukee domenica. «Sono felice di essere tornato - racconta il 28enne via Zoom, all’inizio molto teso e poi più sciolto -. Ho sempre sentito il supporto dei miei compagni. Ho parlato con tutte le persone con cui ritenevo di dovere parlare. Mi prendo le mie responsabi­lità per l’assenza, ma adesso andiamo avanti e cerchiamo di costruire quella chimica di squadra che ci serve per vincere. Lascerò che sia il campo a parlare per me».

Il caso

Ma cosa è successo veramente a Irving? «Questioni personali e di famiglia», si limita a dire lui all’inizio. Era scomparso il giorno dopo l’assalto al Campidogli­o, tanto che la motivazion­e politica era una delle possibili spiegazion­i. «Mentirei se dicessi che non sento il peso di quello che succede nel mondo - racconta -. Sento ogni giorno la voglia di cambiare le cose, perché le ingiustizi­e sono più importanti di mettere un pallone in un canestro». Poi era stato avvistato sui social, nei video di una festa di compleanno in famiglia in cui non indossava la mascherina, una violazione del protocollo Nba anti Covid che gli è costata 40mila euro di multa, una quarantena preventiva lunga 5 giorni e quasi 700mila euro in trattenute sullo stipendio per le due partite saltate mentre era in punizione.«Sono felice di essere tornato» dice aggirando le domande sulla punizione Nba. Poi si apre, rivelando il lato fraglie di un campione che da tempo cerca di trovare il suo equilibrio, di essere fenomeno sul parquet ma voce da ascoltare fuori. «Non c’è niente di normale nella vita che faccio - spiega -: l’ho accettato e ho deciso di usare l’attenzione che ricevo come strumento per cambiare le tante cose che non mi piacciono. Ma trovare l’equilibrio è difficile: ho chiesto aiuto, e ora per fortuna ho tanta gente che me lo ha dato. Quando la vita diventa troppo pesante, devi fare un passo indietro e capire cosa è veramente importante». Non lo dice, ma è quello che ha provato a fare nelle ultime due settimane, a ritrovare quella voglia di giocare a basket che non dice mai di aver perso ma che era passata in secondo piano rispetto alle altre priorità della sua vita. «Il basket richiede compromess­i e sacrifici, ma anche equilibrio col resto. È quello che sto cercando di trovare, perché penso di avere la responsabi­lità di servire la mia comunità, di servire qualcosa di più importante di me. Quando sono arrivato a Brooklyn ho detto di voler portare qualcosa di importante: non mi riferivo solo al titolo ma a qualcosa di più grande del gioco stesso».

I due Kyrie

Le due anime di Kyrie non sempre riescono a convivere. Da una parte c’è il campione, un funambolo che tratta il pallone come pochi, che riesce a stupire con le sue giocate. Una stella vera, che si è messo l’anello Nba al dito da delfino di LeBron nel 2016 lasciando il segno in quella storica rimonta di Cleveland su Golden State . E che è stato poi capace di mostrare il suo talento anche in proprio, quando ha deciso di farla brillare di luce propria. Nelle 7 partite giocate in questo 2020-21 stava viaggiando a 27.1 punti e 6.1 assist di media. E poi c’è l’uomo Kyrie, il ragazzo cresciuto troppo in fretta per colpa del basket, quello catapultat­o in Nba a 19 anni dopo aver giocato solo 11 partite al college. Quello diventato famoso per aver detto di credere che la Terra sia piatta. Quello che ha scoperto le sue origini da nativo americano e le ha abbracciat­e, in una cerimonia in North Dakota nel 2018. Quello che quando la protesta sociale è esplosa in America la scorsa primavera ha deciso di fare la sua parte, di far sentire la sua voce. Ha partecipat­o a proteste nel nome di Black Lives Matter, era tra gli oppositori della ripresa della stagione Nba, pronto a rinunciare alla carriera pur di tenere alta l’attenzione sul cambiament­o sociale che ritiene necessaria. «Ho voglia di aiutare e servire persone in tutto il mondo. Lo faccio da quando sono bambino, continuerò a farlo anche dopo che avrò smesso col basket». Ha fatto anche azioni concrete, come comprare una casa per la famiglia di George Floyd, l’uomo ucciso dalla Polizia di Minneapoli­s la cui morte ha innescato le proteste sociali portate avanti da Black Lives Matter. Kyrie ha fatto anche altro: ha messo a disposizio­ne oltre 1 milione di euro per coprire gli stipendi delle giocatrici Wnba che preferivan­o non riprendere la stagione. Ha donato 250mila pasti caldi ai cittadini di New York che ne avevano bisogno, ha pagato borse di studio agli studenti più meritevoli di università storicamen­te nere. «Vado in campo con un sorriso, quello che mi deriva dall’amore che ho per il basket. Ma il segno più importante che voglio lasciare è fuori dal campo». Intanto ha deciso di tornare, di prendersi le sue responsabi­lità. Dovrà dimostrare di aver trovato quell’equilibrio da basket e vita che aveva perso.

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Kyrie Irving, play di 188 cm e 28 anni, è alla seconda stagione a Brooklyn. In carriera ha vinto il titolo Nba con Cleveland nel 2016. È stato 6 volte All Star, Rookie dell’anno nel 2012 ed è entrato per due volte nel miglior quintetto
AFP Campione Kyrie Irving, play di 188 cm e 28 anni, è alla seconda stagione a Brooklyn. In carriera ha vinto il titolo Nba con Cleveland nel 2016. È stato 6 volte All Star, Rookie dell’anno nel 2012 ed è entrato per due volte nel miglior quintetto
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Irving era tra i contrari alla ripresa della stagione nella bolla per non togliere attenzione dalla protesta sociale
AFP Attivista Irving era tra i contrari alla ripresa della stagione nella bolla per non togliere attenzione dalla protesta sociale
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Kyrie Irving nel 2018 è diventato Little Mountain, il nome Lakota che ha ricevuto dalla tribù di cui faceva parte la famiglia della madre AP
Nativo Kyrie Irving nel 2018 è diventato Little Mountain, il nome Lakota che ha ricevuto dalla tribù di cui faceva parte la famiglia della madre AP

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