Lo sport gli abbracci e la voglia di normalità
uperveto mondiale alla Superlega europea. Con un’iniziativa senza precedenti, Fifa, Uefa e tutte le altre confederazioni continentali hanno prodotto un documento comune per dire non soltanto che una tale competizione non sarebbe autorizzata da nessuna delle autorità calcistiche internazionali, ma anche che i club e i singoli giocatori che vi fossero coinvolti sarebbero automaticamente esclusi da qualsiasi altro torneo ufficialmente riconosciuto: né campionati nazionali né Coppe né Mondiali né Europei o altre manifestazioni continentali. Una presa di posizione durissima nella quale si ribadiscono «i principi universali: merito sportivo, solidarietà, promozioni e retrocessioni, sussidiarietà» che sono alla base del successo globale di uno sport come il calcio. Parole dolci per chi fortemente crede alla democrazia del pallone, alla possibilità finora accettata da tutti di partecipare e di competere a prescindere dal censo, alle favole della squadra di Serie C, l’Alcoyano di Alcoy, che elimina il Real Madrid dalla Coppa di Spagna o di quella di ottava divisione, il Marine di Crosby, che riceve il Tottenham di Mourinho
Sdi in Coppa d’Inghilterra. Il modello Nba, che prevede campionati chiusi, riservati sempre agli stessi grandi club e che sta facendo la fortuna degli sport professionistici Usa, non è applicabile al calcio. Né ora, né mai, fanno sapere le istituzioni deputate. Con toni così decisi da tranquillizzarci e però anche preoccuparci allo stesso tempo. Perché se si è sentito il bisogno di un intervento così forte, significa che questa idea della Superlega europea sta marciando su gambe robuste ed evidentemente sta conquistando più proseliti di quanti si siano finora pubblicamente manifestati. Sappiamo che uno dei suoi più convinti sostenitori è il presidente del Real Madrid
Perez e forse non è un caso che l’altolà di Fifa e Uefa sia arrivato proprio 48 ore dopo un lungo incontro a Torino fra Florentino e Andrea Agnelli, che non è solo il patron della Juventus, ma anche il presidente dell’Eca, Associazione dei club europei, il cui peso continua a crescere anche a livello Uefa. Proprio Agnelli, alcuni giorni fa, in un articolo sul magazine de Linkiesta a proposito dell’impatto della pandemia sul pianeta calcio e della necessità di cominciare a costruire un futuro diverso, aveva puntato il dito proprio contro la Fifa e le confederazioni continentali, non più terze parti indipendenti, ma ad un tempo «regolatori, organizzatori, broker e distributori del prodotto», invocando una nuova governance del sistema. Recentemente Agnelli non si è mai espresso esplicitamente a favore della Superlega, ma ha ripetutamente sottolineato la necessità di reperire risorse aggiuntive attraverso nuove iniziative e nuovi format, in grado anche di risvegliare l’interesse un po’ sopito delle più giovani generazioni. Temi che restano ineludibili e sui quali evidentemente le posizioni ai vertici del calcio internazionale sono molto distanti. Per la storia, le tradizioni e l’essenza stessa di questo sport la Superlega non può essere la risposta giusta. Il pericolo da ieri, grazie al pronunciamento arrivato da Zurigo, non è più all’orizzonte. Ma gli interrogativi su come e cosa cambiare restano tutti aperti.