DI CHE COSA
Da cinque anni il ciclismo italiano non ha più una squadra nel massimo circuito mondiale, il WorldTour. E il nostro movimento pian piano si è chiuso su se stesso: da un lato, nell’ultimo decennio abbiamo dominato le corse a tappe con Nibali e Aru, ed è esplosa la pista maschile e femminile (Ganna e Paternoster); dall’altro il ciclismo “minore” soffre, a cominciare dai team Professional e giù giù fino alle squadre giovanili. Dai nostri iridati arriva adesso una proposta per scuotere l’ambiente movimento, di tecnologia ed ecologia. I soldi ci sono, avete visto che anche il Recovery Plan destina centinaia di milioni di euro a questi temi. Noi possiamo riuscirci, qualcuno ci ascolterà? Le risorse sono importanti e difficili da trovare, ma ci sono. Nel mondo ci sono tanti di quei soldi da investire che non ce l’immaginiamo».
3Da
dove partire?
«Progetti dai territori, devi cominciare dalla base, dai giovani, dall’attività fisica. Serve una promozione per far capire che muoversi è importante. I bambini sempre con il telefonino, sempre troppe ore. Si parte con l’idea, poi mica tutti faranno ciclismo, ma ci servono ragazzi che facciano sport. In raccordo con il Coni e le federazioni, certo, e le società. Mio fratello Antonio aveva la squadra di ciclismo a Parabiago, il tricolore junior Montoli è nato con noi, ma la squadra ha chiuso, è difficile trovare quattro soldi, c’è troppa burocrazia, tutto complicato, e la gente ha paura di mandare i ragazzi su strada, e così li perdiamo. Dobbiamo allargare la base, altrimenti tra poco ci troviamo senza nulla, non è più il ciclismo di 30 anni fa, quando avevamo centinaia di dilettanti. E servono anche incentivi fiscali, aiuti a fondo perduto. Oggi il sistema è troppo farraginoso, è difficile anche trovare poche migliaia di euro per mandare a pedalare gli allievi. Non c’è più nulla. Fai una trasferta, due macchine, bici, e spendi».
3Che
cosa le hanno detto gli altri campioni del mondo? «Ci dobbiamo risentire a giorni, si sono messi in moto anche loro. Il mio amico Moser mi ha subito appoggiato, mi ha chiamato “sai, facciamo, sì, ho anch’io un’idea”. Ognuno con le proprie specificità. Stiamo pensando anche all’aspetto giuridico, se una Fondazione o un’as