La Gazzetta dello Sport

Che cosa deve fare Pirlo per poter spendere bene la differenza di CR7

- Di

el suo modo di essere gigantesco, Cristiano Ronaldo si porta dentro qualcosa di Julio Cortàzar, vecchio gigante in un campo meno verde rispetto al calcio, quello della letteratur­a. È “il sentimento di non esserci del tutto”, che lo spinge a immergersi nell’acqua delle squadre con cui gioca, e ha giocato, ma gli permette anche di continuare a guardarle da fuori come se Cristiano e Ronaldo fossero due persone. Una capisce l’italiano, l’altra non lo parla. In questo senso CR7 è molto diverso dai suoi principali antagonist­i nel campionato che arriva al giro di boa. Diverso da

NIbra, leader fondante di questo Milan, e differente da Lukaku, faro attorno al quale naviga l’Inter. Loro sono più coinvolti nello spogliatoi­o, o almeno sembrano, forse anche perché hanno trovato – per differenti ragioni – compagni più disposti alla sottomissi­one, a lasciarsi plagiare e guidare. Ronaldo, nato in una piccola isola in mezzo all’Atlantico, è un mondo che si sposta, una nave ferma in un porto che non si sa dove andrà. Ormai Cristiano si misura con la storia del calcio. Ci lascia scritti i suoi record di performanc­e, di gol segnati e ne insegue altri, combattend­o da lontano l’irriducibi­le duello con Leo Messi per poter diventare il più forte di sempre. C’è questo interesse comune, dunque, tra lui e la Juve: conta solo vincere. Cristiano non è soltanto l’uomo delle finali, dev’essere di più. Ronaldo è la vera differenza dei bianconeri, ma cosa deve fare Pirlo per poter spendere tutta questa differenza? Come ci deve arrivare la Juve a Ronaldo considerat­o che con il Napoli è stato decisivo ma contro Milan e Inter ha fatto più o meno la comparsa, senza influire sulle sfide più importanti del campionato? Tra due settimane Cristiano compie 36 anni. Non sono pochi, è un buon tempo per un piccolo bilancio. Seguo Ronaldo dai primi gol ufficiali. Aveva 17 anni, giocava con lo Sporting, campione del Portogallo, contro una squadra di provincia che si chiama Moreirense. Posso dire che in campo, a suo modo, era un rivoluzion­ario. Se la giocava con un’energia e una personalit­à devastante. La velocità nella corsa, l’esplosivit­à, i cambi di direzione, l’inventiva, il ricamo barocco dei suoi dribbling, la potenza delle conclusion­i erano un godimento per gli occhi. Tanta roba, anche un po’ sprecata. Sir Alex Ferguson – un padre per lui – a Manchester l’ha molto asciugato. Adesso Ronaldo è un conservato­re. Anzi, un genio della conservazi­one come si può notare dal fisico. Ha imparato a rendere economico ogni movimento sul campo. In questo senso Andrea Pirlo lo aiuta molto, come era successo con Ancelotti e Zidane, campioni prima di diventare allenatori. Gente a cui CR7 riconosce il fattore K, come fanno i lupi quando annusano la presenza di un capobranco. A differenza di quanto accadeva con Allegri e Sarri, ora Ronaldo gioca più vicino alla porta. Nel 4-4-2, Pirlo lo tiene là davanti libero di muoversi su tutto il fronte, senza troppe responsabi­lità col pressing, in modo da averlo lucido negli ultimi trenta metri. CR7 ha bisogno di “diventare” un 9, non di “esserlo”. Quando c’è Morata, che sta bene, l’asso portoghese si trasforma in un compagno con cui dialogare come ai tempi del Real. Di sicuro è diventato più chirurgico: gli servivano otto tiri per andare a segno, ora gliene bastano anche meno di tre (20 gol in 20 match). La vera questione è fargli arrivare dei palloni buoni. Con Cuadrado, Alex Sandro e Arthur – oltre che Morata – è più facile. La Champions sarà il terreno decisivo. Manca meno di un mese alla sfida col Porto, Pirlo ha il tempo per preparare bene la sua differenza.

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Marziano Cristiano Ronaldo, 35
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