Caso tamponi, Lotito si difende e scarica i suoi
Rivelazioni di “Domani”. Il presidente prova a evitare la responsabilità del club: «Non potevo controllare tutto»
ovità nella strategia difensiva della Lazio sul caso tamponi verso il processo sportivo del 16 marzo (possibile uno spostamento al 23 marzo chiesto dalla Lazio per evitare il giudizio alla vigilia della partita di ritorno con il Bayern) presso il Tribunale Nazionale Federale. Almeno a giudicare dalle carte dell’istruttoria della procura federale
Npubblicate ieri dal quotidiano “Domani”. In pratica, la linea di Claudio Lotito, il presidente deferito insieme con la società e i medici Fabio Rodia e Ivo Pulcini, sarebbe quella di ridurre il ruolo del numero 1 del club sulla base della Legge 231. Con l’obiettivo di allontanare lo spettro di una condanna per responsabilità diretta della società e la conseguente sanzione con punti di penalizzazione e derubricando invece il tutto alla responsabilità oggettiva. Lotito, scrive il “Domani”,
ha dichiarato che «in virtù delle dimensioni e complessità della SS Lazio, io non posso seguire tutti i rami delle attività e funzioni aziendali». Per il presidente biancoceleste il suo ruolo nella vicenda tamponi è stato dunque marginale e si è occupato di questo tipo di problematiche soltanto in «situazioni eccezionali» perché «i miei organi mi hanno investito per assumere una posizione ufficiale della SS Lazio».
Difesa
Una posizione, quella di Lotito, che non sembra aver convinto la procura guidata da Giuseppe Chinè. Soprattutto per i diversi interventi del presidente citati sempre nei verbali, prima con il laboratorio Synlab (l’azienda che cura i controlli per la UEFA) di Calenzano per chiedere di testare nuovamente i campioni risultati positivi, sia per sostenere con una delle biologhe la tesi che «tre dei pazienti positivi fossero guariti o negativizzati, una posizione di infezione tardiva». Per sentirsi dire che «il laboratorio non entra nel novero dell’infettività ma in quello della positività e in via cautelativa tutti i pazienti positivi li consideriamo infettivi».
I rischi
Ora si tratterà di capire comunque se questo dirottamento