Schwazer, l’ultimo no Il sogno dei Giochi adesso è svanito
di Valerio Piccioni iente Olimpiade per Alex Schwazer. Il verdetto ora è un tatuaggio sulla storia di quelli che non vanno più via. È stato il Tribunale federale svizzero, l’unico organo a cui ci si può appellare dopo l’ultimo verdetto sportivo, quello del Tas, a dire no alla sospensiva. Cioè all’unico varco che avrebbe consentito al marciatore olimpionico di immaginarsi in Giappone per la 20 o la 50 chilometri. In teoria, la sentenza «sul merito» non è ancora scritta, ma difficilmente divorzierà dalla «mancanza di presupposti» per negare la sospensiva. Wada e World Athletics, peraltro, chiedendo e ottenendo altri 30 giorni per presentare altri documenti, hanno interrotto anche quella strada perché il 7 giugno, la nuova scadenza, non ci sarebbero più occasioni per qualificarsi. «Niente rabbia o frustrazione da parte mia, ho dato tutto», dice Schwazer. La sentenza è «accolta favorevolmente», queste le parole ufficiali, dalla Wada, l’Agenzia mondiale antidoping.
NCatena di no
Per i giudici svizzeri l’ordinanza del gip di Bolzano Walter Pelino, che archiviando la posizione del campione di Pechino aveva scritto di manipolazione con «alto grado di probabilità razionale», non è una novità rispetto al quadro che aveva portato alla squalifica di otto anni decisa a Rio de Janeiro ormai quasi cinque anni fa. La difesa di Schwazer aveva provato in base alle evidenze dell’inchiesta penale ad aprire una porta: dateci una chance e poi riconsiderate tutto anche perché le incongruenze e i passaggi a vuoto messi in evidenza dal gip meritano comunque un approfondimento. Niente da fare.
Anomalie
Non è la prima volta che c’è una differenza fra giustizia sportiva e ordinaria. Di fatto per la prima non c’è bisogno di provare il dolo, al contrario di quanto deve accadere nella seconda. Ma la lunga inchiesta giudiziaria di Pelino, oltre all’anomalia dei dati di concentrazione del Dna, aveva messo in evidenza tutta una serie di episodi, dall’anonimato violato alla provetta non sigillata che era stata consegnata al Ris a Colonia, che rendevano stridente la differenza di conclusioni fra le due giustizie. Wada e World Athletics, presenti in tutte le udienze davanti al Gip, avevano anche di recente manifestato la loro totale contrarietà a mettere in discussione gli otto anni di squalifica che porteranno il divieto di marciare per Schwazer fino al 7 luglio del 2024, poco prima di Parigi, con l’atleta quasi quarantenne. In sintesi, i due organismi hanno sempre detto: il Dna è suo e questo basta.
Provarci
La speranza messa in moto dall’ordinanza di archiviazione avevano portato Schwazer ad accelerare il suo percorso di recupero verso la condizione migliore. Voleva farsi trovare pronto. Fino alla doccia gelata di ieri. Dopo il pronunciamento di Pelino, lo staff del marciatore, dall’allenatore Sandro Donati al suo legale storico, Gerhard Brandstaetter, si era mostrato scettico sulla possibilità di ritornare alla giustizia sportiva, seppure nel suo ultimo grado «esterno». Era stato Schwazer a volersi aggrappare anche a una minima e peraltro costosa possibilità visto che l’atleta è stato costretto a rivolgersi anche a uno studio legale internazionale domiciliato a Losanna.
«Un imbroglio»
La prima reazione è quella di Sandro Donati: «È stato un gioco infernale, da incubo - dice l’allenatore di Schwazer - Questo è un imbroglio con complicità altissime. Spero comunque che da questa vicenda media e responsabili sportivi siano rimasti impressionati e che sia un motivo di riflessione per tutti quanto accaduto a Schwazer. Si devono porre dei limiti allo strapotere di questa gente». Il tecnico lamenta anche «un’assoluta mancanza di rispetto» visto che «abbiamo appreso la risposta da un sito». La difesa di Schwazer aveva chiesto il pronunciamento entro il 6 maggio, la data limite per l’iscrizione alla Coppa Europa di Podebrady di domani. Una richiesta caduta nel vuoto. L’avvocato Brandstaetter aggiunge che la storia non è finita: «Non ci fermeremo, ci sono Tribunali penali, civili e la Corte europea dei diritti dell’uomo». Interlocutori che però a questo punto non faranno in tempo a riaprire la porta dell'Olimpiade.
Il Tribunale svizzero gli ha negato la sospensiva della squalifica: «Niente rabbia, ho dato tutto»
L’ultima beffa, è stato un gioco infernale, una storia da incubo
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