Gioca Lagioia «Una sfida bizzarra Aspettando il nuovo Mou»
Il derby, in fondo, può essere anche una delle espressioni più caratteristiche de «La città dei vivi», cioè quella Roma cupa e potente che Nicola Lagioia ha raccontato nel suo ultimo romanzo. Lo scrittore barese, direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino, non millanta cultura calcistica, ma capisce bene quanto questo sport sia anche narrazione.
Arriva il derby: come lo percepisce uno “straniero” che vive a Roma?
«So quanto sia importante, ma fra quelli che frequento – soprattutto romanisti – noto una anti-juventinità così forte, che a volte mi sembra superiore persino all’antipatia per la Lazio».
Alla Roma sta per arrivare Mourinho. Che ruolo potrebbe avere a livello simbolico per la tifoseria?
«Il portoghese per me è un personaggio letterario, perché riesce a fondere in maniera molto interessante due aspetti che parrebbero antitetici: l’energia positiva che serve per vincere e il vittimismo. Un vittimismo che balla il fado, si potrebbe dire. Sarebbe molto interessante capire che cosa sia il Mourinho che arriva a Roma. A Milano era un vincente, lo “Special One”, mentre le sfide degli ultimi tempi le ha perse. Comunque è un grande personaggio. Se andiamo alla ricerca della narrazione, l’avremo; se invece cerchiamo vittorie, è un’incognita, non più una garanzia come nei vecchi tempi. Si è umanizzato».
Per certi versi, potrebbe riempire come immagine il vuoto lasciato da Totti?
«Assolutamente no. Totti è di Roma ed è rimasto qui, Mourinho cambia sempre squadra. Ma, come simboli, potrebbero essere inarrivabili anche personaggi come Conti, Liedholm o Mazzone. È una sfida, vedremo»
Nota differenze tra il tifo romanista e quello laziale?
«Non direi. Una volta si diceva che il primo fosse più di sinistra, mentre il secondo più di destra, ma credo che siano dei luoghi comuni».
Il derby spesso è stato fonte di preoccupazione per l’ordine pubblico: Roma citta senza regole?
«Non credo proprio. Lo abbiamo visto durante il lockdown. È la città che rende difficile il rispetto delle regole, con i servizi che funzionano male, il traffico, il caos infernale. Roma è una città per certi versi invivibile e per altri traboccante di vita. Secondo me questo vale anche per il tifo, che non è peggiore rispetto ad altre città».
Fenomeno radio locali: perché Roma sente tanto il bisogno di parlare di calcio?
«Purtroppo è tutto il Paese che lo fa. Credo che per tanta gente non ci sono cose più importanti di cui parlare, mentre in realtà ci sarebbero. Il calcio, spesso, è un mezzo di distrazione. Io mi sono un po’ disamorato da quando non è più un rito, con le partite in contemporanea, ma so bene che, agli occhi di un marziano, una partita come il derby sarebbe un fenomeno bizzarro e pieno di fascino».