La Gazzetta dello Sport

L’Orso russo continua la scalata Ora vede da vicino il trono di Nole

Daniil se vince il torneo diventa numero 1 «Cosa devo fare per giocare sul Centrale?»

- Di Matteo Pierelli

Non è un maestro di bon ton e anche lui lo sa. Infatti, anche stavolta, dopo aver battuto Maxime Cressy, che lo ha fatto sudare più del previsto con il suo serve&volley, Daniil Medvedev si è pentito di aver detto qualche parola di troppo durante la partita. «Ero infastidit­o dalle tante linee che prendeva con la seconda di servizio, ce l’avevo con la fortuna che non era dalla mia parte, non con lui, però sono consapevol­e che quello che ho fatto era ai limiti e di questo non ne sono felice». L’Orso russo ha una passione per gli scacchi che apparentem­ente contrasta con il suo carattere fumantino, aspetto quest’ultimo che gli permette di non aver timore reverenzia­le con nessuno, di guardare tutti negli occhi, persino l’amico Novak Djokovic, a cui quattro mesi fa ha inflitto la più dolorosa sconfitta della carriera, quella che ha negato il Grande Slam al campione serbo.

Salto di qualità Così Medvedev, assente il re, si è presentato a questi Australian Open da grande favorito, senza avvertire, per il momento, il peso della pressione. E neanche l’ostilità del pubblico di Melbourne, protagonis­ta di stucchevol­i “buu” tra la prima e la seconda di servizio del russo nel match contro l’indemoniat­o Nick Kyrgios. E quando quel giorno, a fine match, la gente continuava a urlargli addosso coprendo la sua voce e quella di Courier che cercava di intervista­rlo, lui è stato lapidario: «Non riesco a sentire Jim, abbiate rispetto almeno per lui perché sta parlando». Una vera e propria lezione al popolo della Rod Laver Arena che adesso spera di conquistar­e domenica, giorno della finale già raggiunta 12 mesi fa e che lo vide soccombere a Djokovic. Da allora parecchio è cambiato, Daniil ha vinto il primo Slam della carriera, è salito al numero 2 del mondo, ha trascinato la Russia al successo in Davis. Insomma, se c’è uno che ha fatto un salto di qualità fra i grandissim­i, questo è Medvedev, il primo dei giovani rampanti di 24-25 anni capace di rompere il monopolio dei “big three”. E ora si candida a fare il bis in uno Slam, lui che viaggia spedito nella parte bassa del tabellone, quella dove c’è Jannik Sinner con il quale eventualme­nte si scontrerà in semifinale.

Vittorie e polemiche L’Orso russo, nato a Mosca, ma residente a Montecarlo, in questi ultimi due anni e mezzo è migliorato sotto tutti i punti di vista, diventando l’erede dei suoi connaziona­li Evgeny Kafelnikov e Marat Safin che hanno raggiunto il numero 1 del mondo, posizione a cui ovviamente ambisce anche lui e che diventerà realtà (a metà febbraio) se vincerà il secondo Major della carriera. Non sarà stilistica­mente impeccabil­e, non farà impazzire i puristi delle racchette, ma è terribilme­nte difficile trovargli punti deboli, una volta sistemato tutto ciò che gli passa per la testa e quella voglia matta di irridere l’avversario. Del resto, la presunzion­e, se “usata” bene, per uno sportivo può essere un punto di forza, aiuta a trovare coraggio nei momenti topici. E lui, da questo punto di vista, non ha problemi: nella famosa finale di New York sparava la seconda di servizio come fosse la prima e da fondocampo non ha dato chance a Djokovic. Eppure, ogni volta, il buon Daniil trova il modo di lamentarsi di qualcosa, probabilme­nte questa è la chiave giusta per scaricare la tensione. Dopo il match di ieri se l’è presa con gli organizzat­ori che l’hanno messo ancora sulla Margaret Court Arena: «Cosa devo fare di più per meritare di giocare sul centrale? Sono il numero 2 del mondo, ho vinto l’ultimo Slam e sono il finalista in carica qui: penso di essermi meritato di giocare sulla Rod Laver Arena. Ci sono dei tennisti che chiedono in continuazi­one di essere messi a quell’orario e sul quel campo e puntualmen­te vengono accontenta­ti. Forse dovrei farlo anche io ma non voglio diventato quel tipo di giocare». No Daniil, resta come sei.

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