Locatelli e Pessina, riscatto Ma la A non aiuta la Nazionale
Nei club hanno sofferto, con gli inglesi sono stati tra i migliori La conferma che la banda Mancini non è figlia del campionato
Il senso generale dell’assunto è stato confermato dalla partita giocata da Manuel Locatelli e Matteo Pessina contro l’Inghilterra: la Nazionale di Mancini non è figlia del campionato. Non sempre e non per tutto, comunque. Il dato statistico è il più banale: tre giocatori sui sedici utilizzati nei 90’ di Wolverhampton, tutti insieme in campo dal 19’ della ripresa in poi, non hanno ancora mai messo piede in Serie A, e sono Gatti, Esposito e Gnonto. Il dato emozionale è il più scontato: nel bene e nel male era così anche all’Europeo 2021. Jorginho e Verratti portavano la loro esperienza di Premier e Ligue 1, Spinazzola volava in una dimensione mai sfiorata con la Roma, la stessa che Chiesa aveva toccato poche volte nella Juve; Insigne interpretava il ruolo in modo diverso rispetto a quanto faceva con il Napoli, al contrario Immobile faticava a ritrovare un buon feeling con la porta, mai mancato nella Lazio. E sono solo gli esempi più evidenti.
Alti e bassi L’altro ieri sera Locatelli e Pessina sono stati, assieme a Gatti e a Tonali, i migliori dell’Italia: nella stagione appena passata non gli era successo così spesso (al nerazzurro praticamente mai). Magia dell’Europeo ritrovata o magia mai trovata dai club, e dunque nei club? Sicuramente entrambi hanno risentito dell’annata complicata per Juve e Atalanta. Locatelli aveva iniziato bene, poi ha pagato un po’ di tutto: la necessità di giocare quasi sempre a rischio spremitura, il Covid, a seguire l’infortunio, soprattutto l’equivoco di un ruolo sul quale non c’è mai stata definitiva chiarezza. Pessina si è perso in un andirivieni di posi
zioni in campo (trequartista centrale o esterno, mediano davanti alla difesa, esterno offensivo) che lo ha portato anche ad un discreto dentro-fuori fra campo e+ panchina.
Duttilità e due fasi
Ovvero, quando la duttilità può diventare un’arma a doppio taglio. Ma non in Nazionale, e qui arriviamo alla magia dell’Europeo: quando Mancini, soprattutto ai suoi centrocampisti, chiedeva di fare un po’ di tutto e lasciava fare un po’ di tutto. Locatelli e Pessina, gli amiconi con il Milan nel passato e il ping pong nel presente come antidoto alla “scimmia” della Playstation, oggi sono un po’ meno ragazzi e un po’ più uomini. Portatori sani dei sintomi di quel lungo incantesimo, da trasmettere a chi sta entrando nel gruppo. E di quella capacità di fare un po’ tutto, da metà campo in su. La mezzala Locatelli contro l’Inghilterra ha giocato regista davanti alla difesa, con la benedizione di Mancini: «Potrà diventare un ottimo play». La mezzala Pessina partiva esterno alto a destra per andare un po’ ovunque. Entrambi fedeli - questo sì - al rispetto delle due fasi: c’era Locatelli a cancellare l’1-0 quasi fatto di Abraham; più della metà dei molti chilometri fatti, Pessina li ha corsi a protezione della difesa. Ma Locatelli e Pessina c’erano anche quando, nel primo tempo, fioccavano occasioni da gol purtroppo sprecate: le ultime due sono state loro, dopo quelle per Frattesi e Tonali, perché ancora oggi questa Nazionale segna, o ci va vicino, più con i centrocampisti che con gli attaccanti. E’ la seconda cosa che a Mancini non piace: la prima gli va benissimo.