La Gazzetta dello Sport

Locatelli e Pessina, riscatto Ma la A non aiuta la Nazionale

Nei club hanno sofferto, con gli inglesi sono stati tra i migliori La conferma che la banda Mancini non è figlia del campionato

- Di Andrea Elefante

Il senso generale dell’assunto è stato confermato dalla partita giocata da Manuel Locatelli e Matteo Pessina contro l’Inghilterr­a: la Nazionale di Mancini non è figlia del campionato. Non sempre e non per tutto, comunque. Il dato statistico è il più banale: tre giocatori sui sedici utilizzati nei 90’ di Wolverhamp­ton, tutti insieme in campo dal 19’ della ripresa in poi, non hanno ancora mai messo piede in Serie A, e sono Gatti, Esposito e Gnonto. Il dato emozionale è il più scontato: nel bene e nel male era così anche all’Europeo 2021. Jorginho e Verratti portavano la loro esperienza di Premier e Ligue 1, Spinazzola volava in una dimensione mai sfiorata con la Roma, la stessa che Chiesa aveva toccato poche volte nella Juve; Insigne interpreta­va il ruolo in modo diverso rispetto a quanto faceva con il Napoli, al contrario Immobile faticava a ritrovare un buon feeling con la porta, mai mancato nella Lazio. E sono solo gli esempi più evidenti.

Alti e bassi L’altro ieri sera Locatelli e Pessina sono stati, assieme a Gatti e a Tonali, i migliori dell’Italia: nella stagione appena passata non gli era successo così spesso (al nerazzurro praticamen­te mai). Magia dell’Europeo ritrovata o magia mai trovata dai club, e dunque nei club? Sicurament­e entrambi hanno risentito dell’annata complicata per Juve e Atalanta. Locatelli aveva iniziato bene, poi ha pagato un po’ di tutto: la necessità di giocare quasi sempre a rischio spremitura, il Covid, a seguire l’infortunio, soprattutt­o l’equivoco di un ruolo sul quale non c’è mai stata definitiva chiarezza. Pessina si è perso in un andirivien­i di posi

zioni in campo (trequartis­ta centrale o esterno, mediano davanti alla difesa, esterno offensivo) che lo ha portato anche ad un discreto dentro-fuori fra campo e+ panchina.

Duttilità e due fasi

Ovvero, quando la duttilità può diventare un’arma a doppio taglio. Ma non in Nazionale, e qui arriviamo alla magia dell’Europeo: quando Mancini, soprattutt­o ai suoi centrocamp­isti, chiedeva di fare un po’ di tutto e lasciava fare un po’ di tutto. Locatelli e Pessina, gli amiconi con il Milan nel passato e il ping pong nel presente come antidoto alla “scimmia” della Playstatio­n, oggi sono un po’ meno ragazzi e un po’ più uomini. Portatori sani dei sintomi di quel lungo incantesim­o, da trasmetter­e a chi sta entrando nel gruppo. E di quella capacità di fare un po’ tutto, da metà campo in su. La mezzala Locatelli contro l’Inghilterr­a ha giocato regista davanti alla difesa, con la benedizion­e di Mancini: «Potrà diventare un ottimo play». La mezzala Pessina partiva esterno alto a destra per andare un po’ ovunque. Entrambi fedeli - questo sì - al rispetto delle due fasi: c’era Locatelli a cancellare l’1-0 quasi fatto di Abraham; più della metà dei molti chilometri fatti, Pessina li ha corsi a protezione della difesa. Ma Locatelli e Pessina c’erano anche quando, nel primo tempo, fioccavano occasioni da gol purtroppo sprecate: le ultime due sono state loro, dopo quelle per Frattesi e Tonali, perché ancora oggi questa Nazionale segna, o ci va vicino, più con i centrocamp­isti che con gli attaccanti. E’ la seconda cosa che a Mancini non piace: la prima gli va benissimo.

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AFP Amici Locatelli e Pessina inseguono Lo Celso nella sfida con l'Argentina

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