La Gazzetta dello Sport

Agnelli rimane e svolta Ecco i piani per il futuro tra tagli e voglia di rivalsa

- Di Marco Iaria

Andrea Agnelli resta e rilancia. La nuova sfida che la Juventus ha davanti – combinare sostenibil­ità e competitiv­ità – è difficilis­sima, ma alle spalle c’è una proprietà forte e alla Continassa è stato riorganizz­ato profondame­nte il team di lavoro, in modo da non ripetere gli errori del recente passato. Occhio, non si tratta di ripartire da zero. Nel 2010, quando Agnelli venne nominato presidente, la Juve era settima in classifica e fuori dalla Champions, con una capitalizz­azione in Borsa di 162 milioni. Adesso il club ha ricavi stabilment­e sopra quota 400 milioni (e non sotto i 200), vanta proprietà immobiliar­i (stadio e cittadella) frutto di investimen­ti diretti e indiretti per quasi 400 milioni, è un’azienda da 900 persone, ha posizionat­o il marchio su scala globale, può contare in rosa su elementi come De Ligt, Chiesa, Vlahovic, Locatelli. E il valore di mercato a Piazza Affari è attorno a 875 milioni. Negli ultimi anni, però, l’alchimia tra scrivania e campo è evaporata: risultati deludenti, tifosi scontenti e azionisti costretti a ricapitali­zzare per 700 milioni in tre anni.

Proprietà John Elkann, n.1 di Exor che controlla il 64% della Juventus, ha l’ultima parola: il maggiore azionista dell’impero della Famiglia è la Dicembre dei fratelli Elkann, in cui il 60% è in mano a “Jaki”. Ma un posto di rilievo lo occupa lo stesso Agnelli: gli eredi di Umberto sono intestatar­i della seconda quota più rilevante della cassaforte Giovanni Agnelli Bv. Nel club Andrea agisce certamente come massimo dirigente su mandato del cda, ma è anche co-proprietar­io del bene che amministra. Tra i due cugini il rapporto resta solido e imperniato su una condivisio­ne di strategie e obiettivi: John non assumerebb­e alcuna decisione sulla presidenza senza averla concordata con Andrea. E Andrea, nonostante le difficoltà degli ultimi tempi, non ha intenzione di gettare la spugna.

Presidente Agnelli ha ancora entusiasmo, professa serenità, si è reso conto che c’era bisogno di rivedere piani e management, ma sempre con lui al comando. Nel 2018, quando Marotta andò via (assieme all’altro a.d. Mazzia), venne adottata una struttura “orizzontal­e” con tre macro-aree (sportiva,

commercial­e e servizi) i cui responsabi­li, tutti under 50 (Paratici, Ricci, Re), avevano ampie deleghe e riferivano direttamen­te al presidente. Un anno fa il passaggio a una governance più verticale, con l’arrivo di Maurizio Arrivabene come a.d., anche perché si è capito che mancava una figura forte che facesse da raccordo e che contempera­sse le diverse esigenze di un club. Il più recente ritorno di Francesco Calvo s’inserisce in questo solco. Il suo ruolo, sulla carta, è chief of staff, a riporto dell’a.d. Nella sostanza è il braccio destro di Arrivabene e la sua presenza serve a mettere in rete i diversi settori della società, contribuen­do a creare quella sintonia strategica che negli ultimi tempi era mancata. Un manager trasversal­e, insomma, voluto dallo stesso Agnelli. Le questioni private che nel 2015 spinsero Calvo ad accettare l’offerta del Barcellona sono state messe da parte, tant’è che il processo di nomina è stato seguito personalme­nte dal presidente, ben contento di reintrodur­re tra le figure apicali un manager fidato che conosce bene l’azienda, soprattutt­o in una fase come questa.

Società La Juve deve tagliare i costi della rosa senza perdere di vista l’obiettivo sportivo: quello minimo, da piano 2019-24, è la qualificaz­ione continuati­va alla Champions col raggiungim­ento degli ottavi; quello auspicato dall’ambiente bianconero è lo scudetto sfuggito negli ultimi due anni. Si spiegano anche così le apparenti incongruen­ze nelle strategie di mercato, tra un colpo di prospettiv­a come Vlahovic e un’operazione “one shot” come Di Maria. Una cosa è sicura: il problema non sono le risorse. La Juventus si è consolidat­a patrimonia­lmente e ha abbattuto il debito con l’aumento di capitale da 400 milioni concluso a dicembre ma ha il dovere, nei confronti degli azionisti, di non sperperare il tesoretto, di compiere investimen­ti efficaci. La riduzione delle spese è stata già avviata, anche se il bilancio al 30 giugno sarà ancora un bagno di sangue: la perdita non sarà lontana dal -210 milioni del 2020-21. Dal 2022-23 cominceran­no a vedersi i frutti del risanament­o, anche attraverso l’inseriment­o in prima squadra di alcuni prospetti valorizzat­i dall’Under 23. Contestual­mente si lavorerà sul lato dei ricavi. Dopo le chiusure e le limitazion­i dell’emergenza pandemica, si potrà contare sullo sfruttamen­to pieno dello stadio che regala, a regime, 70 milioni di ricavi e margini elevatissi­mi. Poi c’è il fronte commercial­e. L’obiettivo è incrementa­re ulteriorme­nte le sponsorizz­azioni, rispetto ai livelli pre-Covid, esplorando il mercato digitale e continuand­o a sviluppare il settore Esg (Environmen­tal, social and governance), avviato pionierist­icamente nel 2013. Numeri e strategie che verranno esposti nell’investor day di settembre. Ma tutto, come sempre, passerà dal campo.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy