Nadal con il trucchetto si lamenta per le urla Sonego: «Io condizionato»
Rafa, sul 4-4 del 3° set, chiama a rete l’italiano e protesta senza passare dall’arbitro. Poi le scuse: «Nessuna malizia»
Il veleno arriva in coda a una partita fin lì senza pathos, dominata con imperiosa autorevolezza da Nadal senza lasciare uno spiraglio ai brividi e alle emozioni e soprattutto senza concedere il minimo appiglio tecnico a un Sonego impotente. Ma alle 20.20 locali, con la luce naturale declinante, si decide di chiudere il tetto e di illuminare artificialmente il Centrale. Rafa è avanti di due set e di un break (4-2) e aspetta solo di celebrare la fine dell’ennesimo rito vincente, anche se avrebbe voluto continuare senza l’intoppo della sosta forzata.
Irrituale E infatti la pausa, durata in tutto venti minuti (il tetto è pronto in 10 ma non viene azionato subito, e completata l’operazione i giocatori fanno di nuovo il riscaldamento) raffredda gli ardori dello spagnolo, che nell’ottavo game perde per la prima volta il servizio e rimette in corsa il buon Lollo. È lì che, con un pizzico d’astuzia e il peso del blasone, Nadal chiama a rete l’avversario e, peraltro in toni civilissimi, si lamenta delle sue urla mentre gli scambi sono ancora in corso. Sonego, stranito, lancia sguardi di sorpresa verso l’arbitro francese Dumusois, chiede conforto e spiegazioni che non arrivano, perché il regolamento prevede che un giocatore per qualsiasi protesta si rivolga al giudice di sedia e non faccia lo sceriffo solitario. A ogni modo, con il turno di servizio per salire 5-4 e mettere pressione al monumentale rivale, Lorenzo si incarta e perde la battuta, consegnandosi così alla sconfitta. Al momento del saluto finale, un lungo ma sereno conciliabolo tra i due servirà a ristabilire la pace. A mente fredda, però, l’italiano continuerà a ritenere un piccolo sopruso il gesto di Nadal: «Può succedere nei tornei di terza categoria o tra i veterani ma non a questi livelli. Doveva rivolgersi all’arbitro, non chiamarmi a rete, anche se lo ha fatto con educazione. E poi è vero che grido in campo, ma lo faccio sempre e soltanto dopo aver ottenuto il punto. Certamente l’episodio in quel momento mi ha condizionato, alla fine mi ha chiesto scusa e ci siamo chiariti. Sulla partita, c’è poco da dire: nei primi due set è stato fenomenale, ha disinnescato tutte le mie armi».
La replica Rafa, che venerdì aveva fatto un selfie con la tedesca Korpatsch poi positiva al Covid (allora è un abitudine), come sempre sfiora la perfezione quando l’ostacolo richiede di alzare il livello: «La mia miglior partita del torneo contro l’avversario che aveva le caratteristiche più adatte per mettermi in difficoltà sull’erba. Non c’è stata malizia quando mi sono rivolto a lui, lo dico dal profondo del cuore. Se si è sentito offeso gli chiedo davvero scusa, ma non l’ho fatto con animo cattivo. Gli auguro di proseguire la stagione alla grande». La sua, di stagione, è già straordinaria e adesso che è entrato nella seconda settimana il sogno del Grande Slam comincia a prendere sostanza, seppur le due parole continuino ad essere impronunciabili nel suo vocabolario: «L’importante è che io posso avere la salute per competere a questi livelli, due settimane fa ero più vicino al ritiro che alla possibilità di giocare a Wimbledon. Ora per fortuna non mi sento così e questa è la mia filosofia. Di sicuro non ho mai avuto paura per quel giorno. Penso di essere felice di aver avuto una vita molto piena fuori dal campo, anche se il tennis è una parte molto importante della mia vita negli ultimi trent’anni. Ho molte cose che mi piace fare lontano dal tennis, quindi non sono preoccupato per questo. Ma, naturalmente, quando arriverà quel giorno, sarà un cambiamento». Intanto, c’è una cosa che non cambia mai: la sua feroce abitudine alla vittoria.