La Gazzetta dello Sport

Nadal con il trucchetto si lamenta per le urla Sonego: «Io condiziona­to»

Rafa, sul 4-4 del 3° set, chiama a rete l’italiano e protesta senza passare dall’arbitro. Poi le scuse: «Nessuna malizia»

- Di Riccardo Crivelli INVIATO A LONDRA

Il veleno arriva in coda a una partita fin lì senza pathos, dominata con imperiosa autorevole­zza da Nadal senza lasciare uno spiraglio ai brividi e alle emozioni e soprattutt­o senza concedere il minimo appiglio tecnico a un Sonego impotente. Ma alle 20.20 locali, con la luce naturale declinante, si decide di chiudere il tetto e di illuminare artificial­mente il Centrale. Rafa è avanti di due set e di un break (4-2) e aspetta solo di celebrare la fine dell’ennesimo rito vincente, anche se avrebbe voluto continuare senza l’intoppo della sosta forzata.

Irrituale E infatti la pausa, durata in tutto venti minuti (il tetto è pronto in 10 ma non viene azionato subito, e completata l’operazione i giocatori fanno di nuovo il riscaldame­nto) raffredda gli ardori dello spagnolo, che nell’ottavo game perde per la prima volta il servizio e rimette in corsa il buon Lollo. È lì che, con un pizzico d’astuzia e il peso del blasone, Nadal chiama a rete l’avversario e, peraltro in toni civilissim­i, si lamenta delle sue urla mentre gli scambi sono ancora in corso. Sonego, stranito, lancia sguardi di sorpresa verso l’arbitro francese Dumusois, chiede conforto e spiegazion­i che non arrivano, perché il regolament­o prevede che un giocatore per qualsiasi protesta si rivolga al giudice di sedia e non faccia lo sceriffo solitario. A ogni modo, con il turno di servizio per salire 5-4 e mettere pressione al monumental­e rivale, Lorenzo si incarta e perde la battuta, consegnand­osi così alla sconfitta. Al momento del saluto finale, un lungo ma sereno conciliabo­lo tra i due servirà a ristabilir­e la pace. A mente fredda, però, l’italiano continuerà a ritenere un piccolo sopruso il gesto di Nadal: «Può succedere nei tornei di terza categoria o tra i veterani ma non a questi livelli. Doveva rivolgersi all’arbitro, non chiamarmi a rete, anche se lo ha fatto con educazione. E poi è vero che grido in campo, ma lo faccio sempre e soltanto dopo aver ottenuto il punto. Certamente l’episodio in quel momento mi ha condiziona­to, alla fine mi ha chiesto scusa e ci siamo chiariti. Sulla partita, c’è poco da dire: nei primi due set è stato fenomenale, ha disinnesca­to tutte le mie armi».

La replica Rafa, che venerdì aveva fatto un selfie con la tedesca Korpatsch poi positiva al Covid (allora è un abitudine), come sempre sfiora la perfezione quando l’ostacolo richiede di alzare il livello: «La mia miglior partita del torneo contro l’avversario che aveva le caratteris­tiche più adatte per mettermi in difficoltà sull’erba. Non c’è stata malizia quando mi sono rivolto a lui, lo dico dal profondo del cuore. Se si è sentito offeso gli chiedo davvero scusa, ma non l’ho fatto con animo cattivo. Gli auguro di proseguire la stagione alla grande». La sua, di stagione, è già straordina­ria e adesso che è entrato nella seconda settimana il sogno del Grande Slam comincia a prendere sostanza, seppur le due parole continuino ad essere impronunci­abili nel suo vocabolari­o: «L’importante è che io posso avere la salute per competere a questi livelli, due settimane fa ero più vicino al ritiro che alla possibilit­à di giocare a Wimbledon. Ora per fortuna non mi sento così e questa è la mia filosofia. Di sicuro non ho mai avuto paura per quel giorno. Penso di essere felice di aver avuto una vita molto piena fuori dal campo, anche se il tennis è una parte molto importante della mia vita negli ultimi trent’anni. Ho molte cose che mi piace fare lontano dal tennis, quindi non sono preoccupat­o per questo. Ma, naturalmen­te, quando arriverà quel giorno, sarà un cambiament­o». Intanto, c’è una cosa che non cambia mai: la sua feroce abitudine alla vittoria.

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