La Gazzetta dello Sport

BABY BOOM I figli del Mondiale ‘94 ora scrivono la storia

Pulisic, Weah, Musah, l’undici di ieri è il più giovane: 24 anni e 320 giorni

- Di Davide Stoppini INVIATO A DOHA

Èla vittoria della generazion­e Z. È la vittoria di ragazzi che il Mondiale in casa, nel 1994, se lo sono fatto raccontare dai genitori, perché non erano neppure nati. E’ il Mondiale dei giovani, perché questi Stati Uniti hanno una faccia che fa simpatia. E mica solo quella, occhio. Non è una vittoria episodica, questa. Non è una qualificaz­ione agli ottavi casuale, questa. Ma è il segnale di crescita di un movimento intero, che non ha perso neppure una delle tre sfide del girone. Il dato è lampante: l’11 di partenza di ieri , quello che ha riportato oltre i gironi la nazionale dopo 8 anni cancelland­o dunque l’assenza del 2018, è il più giovane in assoluto tra quelli scesi in campo finora in Qatar. Ventiquatt­ro anni e 320 giorni, l’età media. Per dire: al secondo e al terzo posto, di questa speciale classifica, ci sono sempre gli States, con le formazioni delle prime due giornate.

Shock

Ok, tutto ha un senso. Tutto è pianificat­o. Peraltro, non fosse per il portiere Turner, 28 anni, e il difensore Ream, 35,

quel numero sarebbe ancora più basso. Gli Usa stanno unendo presente e futuro, questo è il punto. Hanno cominciato un lavoro dalla base che sta dando i frutti al vertice della piramide, con la crescita delle Academy e un lavoro di selezione di un materiale umano praticamen­te sconfinato per numeri. Il centrocamp­ista Musah, che tanto piace all’Inter, ieri ha festeggiat­o il compleanno strappando un biglietto per sfidare l’Olanda. Invece della torta, con 20 candeline sopra, ha scelto di correre per 90 minuti. Lui, Adams (il capitano più giovane della storia della nazionale) e McKennie: la chimica del centrocamp­o funziona che è un piacere. Lo juventino non è nel tabellino, ma mezzo gol è suo, con un’apertura da urlo per Dest. E poi c’è la stella, Pulisic. L’uomo che accende la scintilla. Che ha deciso il risultato e ci ha rimesso pure del suo, con un colpo nelle parti basse che lo ha costretto al cambio all’intervallo, perché l’attaccante del Chelsea faticava a camminare. Tutti insieme hanno fatto felice il presidente Biden. Sì, proprio lui, che alla partenza li aveva incoraggia­ti: «Ragazzi, provocate uno shock. Fidatevi di voi stessi, la nazione è con voi». L’hanno fatto. E ora la Generazion­e Z mica vuole fermarsi.

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Dall’alto l’abbraccio tra George Weah e il figlio Timothy e Christian Pulisic
AP Festa Dall’alto l’abbraccio tra George Weah e il figlio Timothy e Christian Pulisic

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