Da Pelé a Romario e Ronaldo La storia verdeoro parla chiaro La Coppa la alzano i bomber
L’ultima volta che il Brasile ha vinto il Mondiale in attacco giocava con Rivaldo, Ronaldo e Ronaldinho. Per dire del potenziale offensivo di quella squadra, il giovane Kakà, al tempo ancora al San Paolo, fece una sola fugace apparizione. Gli attaccanti di Barcellona, Inter e Psg, 30, 25 e 22 anni, erano inarrestabili, intrattabili, imprendibili. Il Brasile segnò 11 gol solo nelle tre partite del girone, e poi altri 7. Fu la redenzione di Ronaldo, dopo il malore della finale del 1998 e il doppio infortunio subito con l’Inter, ovvero la storia del documentario lanciato qualche settimana fa da Dazn. L’attacco di Tite è diverso da quello di Scolari per caratteristiche fisiche e tecniche, ma allora come oggi parliamo di una generazione che al Mondiale cercava la consacrazione, con una differenza: nel 2002 il Brasile veniva da due finali consecutive, e da allora non c’è più arrivato.
Piccoli e letali Nel 1994 l’attacco del c.t. Parreira era atomico, ma limitato nel numero e contenuto tatticamente: Bebeto e Romario erano circondati da mediani. Il Brasile segnò in tutto il torneo i gol fatti solo nella prima fase nel 2002, 11: Bebeto e Romario finirono in copertina ma lo stile di Parreira era simbolizzato da Dunga, il giovane Ronaldo non giocò nemmeno un minuto e in Brasile quella nazionale è rimasta nella memoria collettiva solo per il risultato, anche perché riportò a casa il Mondiale dopo 24 anni, l’attesa più lunga nella storia del calcio brasiliano, per ora. E se proseguiamo a ritroso la radiografia degli attacchi del Brasile campione, leggere gli attacchi e le formazioni che tra il 1958 e il 1970, l’era Pelé, vinsero 3 Mondiali su 4 fa quasi sorridere. Oltre ad avere in squadra il miglior giocatore dell’epoca e forse della storia, i vari c.t. che guidarono la verdeoro alla conquista del mondo potevano contare su un potenziale offensivo bestiale. Nel 1970 Zagallo schierava Gerson con Jairzinho, Tostão, Pelé e Rivelino. Il Brasile segnò 19 gol in 6 partite, 11 tra quarti, semifinale e finale, col 4-1 all’Italia conclusivo.
Cinque attaccanti Nei Mondiali in Svezia e in Cile il potenziale offensivo era ugualmente impressionante, e cambiò da un Mondiale all’altro solo per l’infortunio di Pelé, che nel 1962 all’esordio contro il Messico segnò ma si fece male e lasciò il posto ad Amarildo. Per il resto tanto con Aymoré Moreira che con Vicente Feola Didì era il cervello che si muoveva, guidava e si associava con Garrincha, Vavá, Pelé (o Amarildo) e Zagallo. In Cile i gol furono 14 e curiosamente ci fu anche il secondo ed ultimo 0-0 del Brasile nei 5 Mondiali vinti: fu con la Cecoslovacchia poi superata 3-1 in finale. Quattro anni prima i gol erano stati erano stati 16, 5 e 5 (sempre a 2) tra la semifinale con la Francia e la finale con la Svezia. Il mondo fu conquistato da un ragazzino di 17 anni chiamato Pelé. Era un fenomeno, ed era circondato da grandissimi attaccanti. Altri tempi, sicuramente. Ma il Brasile attuale, con le 9 punte convocate da Tite (Neymar, Vinicius, Rodrygo, Richarlison, Raphinha, Antony, Gabriel Jesus, Martinelli e Pedro), grazie alla grande solidità difensiva può permettersi di schierarne insieme un buon numero.
Tante stelle Nel 2002 squadra inarrestabile con Ronie, Ronaldinho e Rivaldo. Unica eccezione nel 1994