La Gazzetta dello Sport

Il saudita Renard per il miracolo Tata messicano per la faccia

Il c.t. dell’Arabia cerca un’altra impresa dopo le coppe d’Africa Martino per salvare l’immagine

- Di Filippo Maria Ricci TEMPO DI LETTURA

Un allenatore fischiato e vituperato, un altro idolatrato. Il Tata Martino ed Hervé Renard arrivano a questa sfida decisiva tra Messico e Arabia Saudita in situazioni molto diverse. L’argentino non è riuscito a entrare in sintonia con pubblico e stampa, il francese è una specie di divinità: la vittoria in rimonta contro l’Argentina all’esordio di questo Mondiale, che l’Arabia Saudita gioca a un passo da casa, l’ha proiettato su una dimensione galattica.

Zambia storico

Del resto, Renard ci è abituato. Questo cinquanten­ne in patria potrà anche avere i suoi problemi con conseguent­e fatica a trovare una strada anche solo accettabil­e (la retrocessi­one col Sochaux, il rapido licenziame­nto a Lilla) però all’estero tra Africa e Medio Oriente non sbaglia un colpo. E ha la tendenza a fare storia. È stato così nel 2012, quando ha portato lo Zambia a un’incredibil­e vittoria in Coppa d’Africa. Prima, e unica. Finale contro la Costa d’Avorio super favorita, serata magica a Libreville, la capitale del Gabon: lì 18 anni prima la miglior generazion­e di giocatori dello Zambia aveva perso la vita in un tragico incidente aereo.

Elefanti felici

Tre anni dopo

Renard ha condotto alla vittoria anche la Costa d’Avorio: un successo che sembrava scappare tragicamen­te alla generazion­e d’oro di Drogba, dei fratelli Touré, di Kalou, di Gervinho. Di nuovo, successo ai rigori. Poi Renard nel 2018 ha riportato il Marocco al Mondiale dopo 20 anni. E qui in Qatar, l’incredibil­e rimonta con l’Argentina, con tanto di video di arringa ai giocatori nell’intervallo diventato virale: «Sono stato fortunato, due volte – ha detto ieri il c.t. francese – primo perché i ragazzi dell’area video hanno il permesso di registrare solo un minuto durante l’intervallo, e secondo, fondamenta­le, perché le cose sono andate bene sul campo. Tante volte fai un gran bel discorso, poi persplendi­do di e non serve a nulla».

Foto diverse L’Arabia Saudita ha passato la prima fase solo una volta, nel 1994 quando debuttava al Mondiale. «Sono passati 28 anni» sottolinea­va ieri Renard, quasi a voler assaporare la possibilit­à di fare la storia, ancora una volta. Per farlo deve cercare di battere il Messico, che arriva a questa sfida decisiva fiaccato dalle polemiche generate da risultati e prestazion­i, entrambi fiacchi, nelle prime due partite. L’Arabia Saudita è arbitro del proprio destino, il Messico no, dipende obbligator­iamente anche da Polonia-Argentina. Al “Tata” Gerardo Martino in Messico rimprovera­no di tutto, scelte di giocatori, stile di gioco, atteggiame­nto della squadra. E dopo la sconfitta contro l’Argentina anche una foto che il c.t. si è fatto con Lionel Scaloni: i due si conoscono da una vita, dai tempi del Newell’s, ma ai messicani la foto è andata di traverso. Hervé Renard invece con le foto va fortissimo: dopo ogni conferenza in sala stampa c’è la fila dei giornalist­i sauditi per un selfie col c.t. Il francese Renard dedica un sorriso hollywoodi­ano a ognuno di loro: nell’olimpo calcistico di un Paese si arriva anche così. E con una camicia bianca sempre perfettame­nte stirata.

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Il tecnico dell’Arabia Saudita Hervé Renard, 54 anni, francese, due Coppe d’Africa in bacheca con Zambia e Costa d’Avorio
AFP Vincente Il tecnico dell’Arabia Saudita Hervé Renard, 54 anni, francese, due Coppe d’Africa in bacheca con Zambia e Costa d’Avorio

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