La Gazzetta dello Sport

L’Iran contro Ali Daei Fatto atterrare il volo con moglie e figlio

- Di Furio Zara

Sembra un film, un brutto film, ma non lo è. Cronaca di un sequestro annunciato. Un aereo - volo W563 della Mahan Air - sta volando da Teheran a Dubai, quando le autorità iraniane ordinano ai piloti di atterrare immediatam­ente sull’isola di Kish. Ad atterraggi­o compiuto, vengono fatti scendere una donna e suo figlio: a prelevarli sono gli agenti della sicurezza del Supremo Consiglio. Ufficialme­nte non si tratta di un arresto, ma di uno stato di fermo. È successo ieri pomeriggio. Nel clima di ordinario terrore di un Iran sotto il giogo del regime teocratico degli ayatollah, la notizia non desterebbe scalpore, non fosse che la donna, Mona Farrokhaza­ri, e il ragazzino sono la moglie e il figlio di Ali Daei, il simbolo del calcio iraniano. Le agenzie libere iraniane scrivono che alla moglie di Daei sarebbe stato vietato di lasciare l’Iran a causa della sua attività in favore degli scioperi che da mesi fanno da punteggiat­ura alla proteste nelle città iraniane. Ali Daei che non era sul volo della Mahan Air - sta spiegando in queste ore che moglie e figlio si erano imbarcati in modo assolutame­nte legale. Quella del campione è una posizione delicatiss­ima. A fine ottobre è stato incarcerat­o, gli è stato sequestrat­o il passaporto, è finito nella lista dei dissidenti, lui, che in passato aveva più volte appoggiato gli ayatollah. Daei aveva partecipat­o a una manifestaz­ione a Saqqez, la città natale di Mahsa Amini, la giovane donna di 22 anni uccisa dalla polizia religiosa perché non indossava correttame­nte l’hijab, il velo tradiziona­le. Era il 13 settembre, la donna curda, a Teheran con la famiglia, era stata arrestata e tradotta in caserma.

Uscirà solo su un’ambulanza, che la porterà in un ospedale dove morirà dopo due giorni di coma. Versione della polizia: malore. Più probabile: percosse. Da mesi in Iran si combatte una battaglia per vedere riconosciu­ti i diritti più elementari negati. Ali Daei, 53 anni, si è schierato. Quando giocava lo chiamavano “Shahryar”, “Sua Maestà”. Nativo di Ardabil, nell’Azerbaigia­n persiano, alto un metro e novanta, baffo folto a marcare un’identità, capelli cotonati come si addice a un divo, laurea in Ingegneria. Per anni è stato l’unico fuoriclass­e iraniano conosciuto all’estero. Dal 1997 al 2002 ha giocato in Bundesliga: Arminia Bielefeld, Bayern, Hertha. La contabilit­à della sua ventennale carriera racconta di 149 presenze e 109 gol con la Nazionale. Prima che Cristiano Ronaldo lo superasse nel settembre 2021, Ali Daei è stato il miglior marcatore di sempre nella storia delle nazionali. Ha disputato due Mondiali: 1998 in Francia, 2006 in Germania. Nell’Iran di oggi è anche lo sport che si fa carico delle tensioni del Paese. In Qatar tutta la nazionale - nel debutto contro l’Inghilterr­a - rifiutò di cantare l’inno. La stella del beach soccer, Saeed Piramon, un mese fa dopo un gol ha mimato il gesto di tagliarsi una ciocca di capelli e ha diffuso il video sui social. E infine: il 26enne calciatore Amir Nasr-Azadani è stato condannato a morte, con le accuse di tradimento e di essere un membro di un gruppo armato che opera per colpire la Repubblica islamica. Per aver chiesto giustizia per NasrAzadan, l’ex Bayern Ali Karimi è stato incriminat­o. Secondo Iran Human Rights dall’inizio delle manifestaz­ioni e degli scioperi 14.000 persone sono state arrestate e 458 uccise dalla Gashte Ershad, la Polizia morale del Paese.

Ritorsione Sono in stato di fermo. L’ex bomber si è schierato a favore delle proteste contro il regime

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