La Gazzetta dello Sport

L’Uruguay al “Pazzo” Bielsa è il nuovo c.t. per tentare il rilancio

La Celeste a un argentino 21 anni dopo Passarella: ora va all’attacco con El Loco

- di Fabio Bianchi

Un argentino a Montevideo, a guidare gli eterni rivali dell’Uruguay, è già di per sé una “locura”, una pazzia. Più che se un francese allenasse l’Italia. Ma se quell’argentino è Marcelo “El Loco” Bielsa, non c’è nulla di strano. Perché lui ostenta le sue origini, ma è un cittadino del mondo. Va ovunque lo porta l’utopia di bellezza, di un’idea, del calcio secondo lui. Che ha un solo dogma: attaccare. E quello che ne consegue: corsa, verticalit­à, rischio, divertimen­to. Un giorno disse: «L’unico modo che ho di intendere il calcio è la pressione costante, giocare nella metà campo avversaria ed essere il padrone del pallone. Non esiste un solo motivo, neppure uno, perché un giocatore stia fermo. Il calcio è movimento, il calcio è correre e smarcarsi». Attaccare sempre, casomai vincere. «Il successo è deformante: rilassa, inganna, ci rende peggiori, ci aiuta a innamorarc­i troppo di noi stessi. Al contrario, l’insuccesso è formativo: ci rende stabili, ci avvicina alle nostre convinzion­i».

Esempio per tutti Bielsa è un visionario che ha incantato e indirizzat­o platee di eccellenti seguaci. Guardiola ha detto: «È il migliore allenatore del mondo». Bielsa è un “hombre vertical”, tutto d’un pezzo. È un’idealista, corretto fino a farsi male. Alla guida del Leeds, nell’aprile 2019 ne dà un esempio clamoroso: la sua squadra va in vantaggio contro l’Aston Villa, ma l’azione è contestata perché c’è uno del Villa a terra. Scoppia un rissa. Bielsa, d’accordo con l’arbitro, chiede ai suoi di lasciar segnare gli avversari. Finisce 1-1. Mica contava poco quel risultato. Vincendo, per il Leeds sarebbe stata promozione diretta in Premier. Poi il Leeds ci è riuscito comunque, perché ogni tanto vince anche El Loco: tre campionati argentini, due col suo Newell’s, uno col Velez e un’Olimpiade con l’Argentina. Profeta in patria. Ci riprova con l’Uruguay, 21 anni dopo un altro argentino: Passarella. Forse non ci riuscirà, ma di certo farà innamorare di sé i tifosi e i giocatori.

Loco e giramondo È quasi sempre stato così, da casa sua al Marsiglia, dal Cile all’Athletic Bilbao, dal Lilla al Leeds, l’ultima esperienza chiusa l’anno scorso. Perché non si può non amare El Loco. Uno che non rilascia interviste da 20 anni. «Perché dovrei concederla a un giornalist­a importante e non a uno di provincia? Non sarebbe democratic­o, sarebbe solo opportunis­mo». Ma ogni frase che pronuncia è una sentenza, di solito musica per le orecchie dei romantici. Tipo: «Dovrebbe esserci una punizione per chi ignora la bellezza del gioco». O per le orecchie dei giocatori dopo una sconfitta: «Ragazzi, so che è difficile accettare l’ingiustizi­a, ma ascoltate ciò che vi dico: ingoiate il veleno, dovete essere forti. So che adesso non c’è parola che possa rasserenar­vi, ma se giocherete come oggi otterrete ciò che meritate». È davvero difficile trovare un giocatore che non parli bene di lui. Gabriel Batistuta poi: «Mi fece dimagrire, finita la dieta mi portò nel suo ufficio e mi regalò una scatola di dolci di mandorle: è stato come un padre, il mio primo vero allenatore e il più importante di tutti per la mia formazione». Ne ha scoperti e cresciuti tanti, di campioni. Dopo essere stato un giocatore così così, gira per il Newell’s Old Boys tutta l’Argentina a scovare talenti: 24 mila chilometri con una Fiat 147. In tre mesi! Bati lo scova in questo viaggio. Forse comincia qui la leggenda del Loco. O forse prima, quando lui, nato da famiglia benestante si mette a gestire un‘edicola per 12 anni. «Mi piaceva leggere di Menotti e di Bilardo, ma non potevo comprare ogni giorno i 12 quotidiani che arrivavano, così presi l’edicola». Altre “locuras”? Infinite, tra cui allenament­i seguiti appollaiat­o su un ramo, o la sveglia a notte fonda per tutta la famiglia perché gli è venuto in mente uno schema da provare. Anche meno simpatiche, come l’uscita di casa con una bomba a mano davanti ai tifosi che, è successo pure a lui, lo contestava­no.

Fedele alla linea Loco sì, ma geniale, colto e scientific­o nel suo calcio spettacolo. Dice che ci sono 5 modi per ricevere il pallone e almeno 26 per battere un fallo laterale. Il 3-3-1-3 è stato a lungo il suo sistema rivoluzion­ario, poi si è ammorbidit­o nel 4-2-3-1, ma sempre con lo stessa filosofia iper offensiva. Che porterà anche nell’Uruguay deluso dall’uscita ai gironi in Qatar. Meno “garra” più bellezza. Questo è sicuro.

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 ?? ?? Passarella, 21 anni prima Daniel Passarella, c.t. dell’Uruguay nel 2000-2001, parla con il grande ex interista Alvaro «Chino» Recoba durante un ritiro. Ventun anni dopo, un altro argentino, Marcelo Bielsa, guiderà l’Uruguay
Passarella, 21 anni prima Daniel Passarella, c.t. dell’Uruguay nel 2000-2001, parla con il grande ex interista Alvaro «Chino» Recoba durante un ritiro. Ventun anni dopo, un altro argentino, Marcelo Bielsa, guiderà l’Uruguay

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