La Gazzetta dello Sport

LEAO NON FIRMA? NEL NUOVO CALCIO NON È UN DRAMMA

- di FRANCO ARTURI

Ecosì pure la Francia si accorge che Maignan è un fenomeno. Anche al Milan, che lo dicano o no, non credo che rimpiangan­o Donnarumma. E non mi pare che ci sia qualcuno a Napoli che preferireb­be il «piezz’ ‘e core» Insigne all’attuale Kvara. Che morale ne possiamo trarre?

Matteo Gischi

Diverse, sia nello specifico che in senso generale. Nella prospettiv­a vasta, gli staff dello scouting dei club contano ormai più di quelli tecnici. O almeno quanto loro. È un fatto nuovo per il grande calcio. Naturalmen­te parliamo delle centinaia di società di ogni Paese al di fuori dall’orbita dei primi 9-10 club d’Europa, che viaggiano su logiche finanziari­e folli e inavvicina­bili. Se devi stare molto attento ai bilanci (e in questa categoria rientra tutta la Serie A, Juve compresa), il primo imperativo è sapere chi siano Kvara, Kim, Lobotka, il Leao di tre anni fa, Tonali, Kalulu, Barella, Bastoni, e di prelevarli giovanissi­mi a costi accessibil­i. La sentenza Bosman ha avuto l’effetto a lungo termine di deprimere il nostro vivaio, ma in cambio lascia agli operatori uno scenario immenso, fatto di decine di campionati, anche giovanili, su cui gettare l’ombra lunga di sguardi (e ora anche algoritmi) competenti. Paragonere­i l’esperienza e la capacità di questi osservator­i moderni e delle loro reti a quelle degli ingegneri delle macchine da F.1: alla fine sono proprio loro che vincono o perdono. Ma i tecnici, pur se abilissimi, non scaldano i cuori dei tifosi, che spesso non ne conoscono nemmeno i nomi: in compenso si esaltano per piloti che, in realtà, primeggian­o solo quando hanno un’auto adeguata sotto il sedile. La stessa cosa avviene nel calcio, dove l’arrivo di un ventenne ancora poco conosciuto viene accolto con sufficienz­a.

Donnarumma, diceva? Molto in fretta è stato definito il miglior portiere del mondo. Si tratta invece di un atleta con straordina­ri punti di forza e alcuni di debolezza (uscite, gioco con i piedi): migliorerà di certo perché è giovane, ma di fatto il Milan ha vinto lo scudetto senza di lui e Calhanoglu, altro partente illustre. Così come il Napoli aveva salutato anche il fortissimo Koulibaly e Mertens, il cannoniere storico nel lungo percorso del Napoli. Piangevano tutti, ma il risultato è uno scudetto che arriverà a ritmo record e un cammino già esaltante in Champions. È una costante nella storia del calcio, ma si tende a dimenticar­la sull’onda del conformism­o tecnico e affettivo: fra i tanti precedenti c’è la Juve del dopo cessione a cifra record di Zidane (più quella di Filippo Inzaghi), che aprì immediatam­ente un nuovo ciclo vincente, con l’arrivo contempora­neo di Nedved, Buffon, Thuram e Cannavaro.

E quindi, un po’ provocator­iamente, ma nemmeno tanto, fossi nelle segreterie dei club, non mi svenerei per tenere a tutti i costi il Leao della situazione (che peraltro da tre mesi è irriconosc­ibile, come tutta la squadra) o l’Insigne avviato a fine carriera. Ma nemmeno Skriniar, Bastoni o Zaniolo. Se sono davvero di un’altra categoria, o ritenuti tali, la Premier o le due spagnole se li porteranno comunque via, almeno finché il sistema calcio Italia non ritroverà uno straccio di competitiv­ità collettiva. Purtroppo, è comprovato che i giocatori stessi ritengono essenziale, per le loro “scelte di vita” incassare 7 milioni all’anno anziché 5. E dunque facciamoce­ne una ragione e mettiamo al centro del villaggio e dei progetti quelli che sanno dove pescare chi ci farà sognare domani. Altra via non c’è...

I club non possono sempre assecondar­e i giocatori, si affidino a buoni osservator­i

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