Cellino chiede unità al Brescia: poi pensa di andare via
Il presidente si concentra sulla salvezza e cerca di alleggerire il clima coi tifosi Ma sta già preparando la sua partenza
Otto fermate alla meta e Brescia vive in un incubo: la retrocessione in Serie C. Un destino comune ad altre grandi decadute del campionato, ma con una specificità. Altrove le colpe vengono suddivise e (se possibile) stemperate. Invece al Rigamonti e dintorni tutta la crisi grava sulle spalle del padrone del vapore: il presidente Massimo Cellino.
Il caos La contestazione nei suoi confronti è esplosa nelle ultime settimane sino al corteo organizzato dagli ultras e la caccia all’uomo nel dopo-gara con il Genoa. Evidentemente si è creata una situazione surreale. Al netto delle tante contrarietà e degli evidenti errori gestionali del presidente, l’esito della stagione bresciana rischia di essere compromesso con largo anticipo in un clima arroventato che condiziona la squadra in maniera pesante. Sì, perché si capisce lontano un miglio che i giocatori sono frenati dalla paura, non da un misterioso calo atletico.
All’estero In questi momenti delicati Cellino ha lasciato la città. Diviso tra gli Stati Uniti e l’Inghilterra. Una fuga? Piuttosto una presa di coscienza: ha capito che la sua presenza dopo sei anni ormai è ingombrante, se non proprio dannosa. Per questo giura ai suoi interlocutori che a fine stragione toglierà il disturbo. In ogni caso. Infatti non si è incrinato solo il rapporto con la curva. In questi mesi si è sfilacciato anche il legame con l’imprenditoria locale che lo aveva accolto a braccia aperte, sostenendolo nel progetto della Serie A e di un nuovo stadio. Invece i guai sono cominciati a luglio scorso con quel sequestro dei beni per oltre 50 milioni di euro. Poi, il 27 gennaio, la Cassazione gli ha ridato semaforo verde, ma ormai il mercato di riparazione era in chiusura. Emblematico il no di Sibilli (e non è stato l’unico) che si è tirato indietro dopo il passaggio di Moreo al Pisa. In cambio è arrivato Rodriguez dal Lecce, ma lo spagnolo ha fatto vedere solo delle fiammate. Nel mezzo c’è stato lo sciagurato balletto degli allenatori: tra Clotet (2 volte), Aglietti, Possanzini e Gastaldello.
Esoneri Su questo versante il numero uno dei biancazzurri si è fatto prendere la mano più del solito. In 32 anni di calcio i suoi turnover in panchina hanno (quasi) sempre portato al successo finale. Stavolta i risultati inchiodano le scelte di Cellino, figlie anche delle innumerevoli turbolenze di una stagione evidentemente condizionata dai suoi guai extra-calcistici. Comunque è presto per anticipare le sentenze, visto che il campo può ancora dire la sua. A Brescia sta maturando un divorzio clamoroso, ma prima c’è una sfida ancor più importante che vale il futuro calcistico del club. State calmi, se potete.