La Gazzetta dello Sport

Cellino chiede unità al Brescia: poi pensa di andare via

Il presidente si concentra sulla salvezza e cerca di alleggerir­e il clima coi tifosi Ma sta già preparando la sua partenza

- di Carlo Laudisa MILANO

Otto fermate alla meta e Brescia vive in un incubo: la retrocessi­one in Serie C. Un destino comune ad altre grandi decadute del campionato, ma con una specificit­à. Altrove le colpe vengono suddivise e (se possibile) stemperate. Invece al Rigamonti e dintorni tutta la crisi grava sulle spalle del padrone del vapore: il presidente Massimo Cellino.

Il caos La contestazi­one nei suoi confronti è esplosa nelle ultime settimane sino al corteo organizzat­o dagli ultras e la caccia all’uomo nel dopo-gara con il Genoa. Evidenteme­nte si è creata una situazione surreale. Al netto delle tante contrariet­à e degli evidenti errori gestionali del presidente, l’esito della stagione bresciana rischia di essere compromess­o con largo anticipo in un clima arroventat­o che condiziona la squadra in maniera pesante. Sì, perché si capisce lontano un miglio che i giocatori sono frenati dalla paura, non da un misterioso calo atletico.

All’estero In questi momenti delicati Cellino ha lasciato la città. Diviso tra gli Stati Uniti e l’Inghilterr­a. Una fuga? Piuttosto una presa di coscienza: ha capito che la sua presenza dopo sei anni ormai è ingombrant­e, se non proprio dannosa. Per questo giura ai suoi interlocut­ori che a fine stragione toglierà il disturbo. In ogni caso. Infatti non si è incrinato solo il rapporto con la curva. In questi mesi si è sfilacciat­o anche il legame con l’imprendito­ria locale che lo aveva accolto a braccia aperte, sostenendo­lo nel progetto della Serie A e di un nuovo stadio. Invece i guai sono cominciati a luglio scorso con quel sequestro dei beni per oltre 50 milioni di euro. Poi, il 27 gennaio, la Cassazione gli ha ridato semaforo verde, ma ormai il mercato di riparazion­e era in chiusura. Emblematic­o il no di Sibilli (e non è stato l’unico) che si è tirato indietro dopo il passaggio di Moreo al Pisa. In cambio è arrivato Rodriguez dal Lecce, ma lo spagnolo ha fatto vedere solo delle fiammate. Nel mezzo c’è stato lo sciagurato balletto degli allenatori: tra Clotet (2 volte), Aglietti, Possanzini e Gastaldell­o.

Esoneri Su questo versante il numero uno dei biancazzur­ri si è fatto prendere la mano più del solito. In 32 anni di calcio i suoi turnover in panchina hanno (quasi) sempre portato al successo finale. Stavolta i risultati inchiodano le scelte di Cellino, figlie anche delle innumerevo­li turbolenze di una stagione evidenteme­nte condiziona­ta dai suoi guai extra-calcistici. Comunque è presto per anticipare le sentenze, visto che il campo può ancora dire la sua. A Brescia sta maturando un divorzio clamoroso, ma prima c’è una sfida ancor più importante che vale il futuro calcistico del club. State calmi, se potete.

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ANSA Contestato Massimo Cellino, 66 anni, è il presidente del Brescia

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