«Sinner verso la perfezione Ora deve vincere i tornei top»
Il c.t. Volandri lancia Jannik: «Gli serve affrontare avversari forti, imparare per crescere è la sua dote migliore»
Non era mai successo che un italiano conquistasse la semifinale in due Masters 1000 consecutivi. Ma per questo Jannik Sinner, che stanotte a Miami affronterà Alcaraz (rivincita di Indian Wells) o Fritz (già battuto in California), il limite può essere solo il cielo. Come sa anche il capitano azzurro Filippo Volandri, che lo sta commentando in tv per Sky.
► Filippo, a che punto siamo della crescita di Sinner?
«I suoi risultati di adesso sono l’evoluzione di un lavoro cominciato un anno fa con il cambio di allenatore. Ai tempi, mi aveva detto che non gli importava scendere al numero 20 prima di adattarsi al nuovo corso, era convinto della scelta. I frutti iniziano a vedersi, ma il percorso è ancora lungo».
► Confortante: significa che ha ancora margini di miglioramento.
«Ma senza dubbio. Però il suo livello attuale è già molto alto: ha dominato Ruusuvuori giocando una partita “normale” e in generale ha imparato a vincere le partite “sporche”. Si poteva immaginare che dopo la pausa per la pioggia avrebbe potuto smarrire un po’ di concentrazione, e invece ha finito in 20 minuti. Ora è il momento di vincere anche quelle al top, come la semifinale di Miami, ad esempio».
► Cosa la sta sorprendendo di più nel cammino di Jannik?
«Potrei parlare dei miglioramenti tecnici, ma in realtà ciò che colpisce di più è questa sua continua tensione verso la perfezione: ricerca tutto ciò che lo può rendere un giocatore migliore. Adesso ha uno staff scelto completamente da lui, a cui dare gli indirizzi tecnici e da cui ricevere input. E questo conta molto».
► Cos’ha portato in più il supercoach Cahill?
«Intanto, non mi piace la parola supercoach, perché sembra rendere tutti gli altri dei “mini coach”. Preferisco consulente o collaboratore. Di certo, Cahill è un grande allenatore, con enorme esperienza, che ha dimostrato di poter accompagnare i giocatori verso l’obiettivo più alto, il numero uno del mondo. La sua presenza dà sicuramente tranquillità al team, perché gli altri sanno quali risultati si possono raggiungere con i suoi consigli, specialmente nella gestione della partita. Ma la crescita tecnica di Jannik è totalmente figlia delle capacità di Simone Vagnozzi».
► Ora trova Alcaraz o Fritz, appena affrontati a Indian Wells: cosa può cambiare dal punto di vista psicologico?
«Jannik ha una grande qualità: impara da ogni partita che gioca. Quindi saprà sicuramente mettere in campo gli insegnamenti che gli sono arrivati da quelle due sfide. Anche se a Miami le condizioni ambientali sono diverse».
► Se dovesse affrontare Alcaraz e perderci di nuovo, si potrebbe parlare di sudditanza verso lo spagnolo?
«Nel 2021, quando perse con Nadal a Roma, Jannik era molto deluso: pensava già di essere a quel livello. Ora è molto più consapevole, sono convinto sarebbe una partita molto diversa con Carlos rispetto a Indian Wells. Partendo però da un presupposto: in questo momento Alcaraz è davanti, che non significa sia più forte: semplicemente, ha sviluppato prima le sue enormi qualità. Ma Jannik ha bisogno di giocare tante di queste partite: più ne gioca, più apprende, più impara a vincerle e cosi può porsi l’obiettivo di conquistare i grandi tornei»
► Veniamo alle dolenti note: quale attenzione si deve al momento di Berrettini e Musetti?
«L’attenzione che si riserva a due giocatori che stanno vivendo una fase delicata della carriera. Per entrambi, è il momento di fare e non di pensare».
► Per Matteo, cosa significa?
«Esattamente quello che sta facendo ora: immergersi nella quotidianità, masticare il pane duro degli allenamenti. Ricordando che la normalità non è tornare da un lungo infortunio vincendo due tornei come ha fatto lui l’anno scorso, ma avere difficoltà come sta succedendo ad esempio a Zverev».
► E Musetti?
«È stato travolto dalle aspettative, sue e dell’ambiente. E la scelta del Sudamerica, con il senno di poi, si è rivelata deleteria: quelle sconfitte lo hanno sportivamente depresso. Se hai la struttura tecnica e mentale di un Alcaraz, la crisi ti dura una settimana, altrimenti fai più fatica a riemergere. Lorenzo deve lavorare su quello».