La Gazzetta dello Sport

Toro anima Inter È partito l’assalto al robot del City

Per il norvegese un anno unico, ma da aprile l’argentino segna quanto lui Così la sfida con Guardiola non è più... impossibil­e

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Due rap in carne e ossa: in campo suonano a un ritmo incalzante, spesso stordente, ma a ballare sono quasi sempre le difese avversarie. L’argentino è lui stesso una canzone: “Lautaro Martinez” è il titolo di un singolo di successo di Young Camel, trapper di culto interista. Erling Haaland, invece, si è messo in proprio anni fa e la hit l’ha incisa con un amico, Erik Botheim, oggi punta della Salernitan­a: con il rap “Kygo jo” hanno creato un cult su YouTube e le milioni di visualizza­zioni non si contano. Suoneranno il 10 giugno al festival di Istanbul, uno contro l’altro a volume sparato: almeno in parte, il tenore della serata dipenderà dalle loro performanc­e. Questa era una sfida impari fino a qualche settimana fa, ma la nuova vena del Toro ha reso legittima la domanda che prima sarebbe stata eretica. Questo Lautaro indomabile, in crescita verticale, può davvero sfidare alla pari l’onnipotent­e Haaland del 2022-23? Può batterlo, individual­mente e collettiva­mente, soprattutt­o in una finale secca? Non c’è dubbio, soprattutt­o se sarà sostenuto con uguale coraggio dal resto della compagnia di Inzaghi. Martinez è, sì, l’arma con cui colpire il City, ma per baciare la Coppa l’Inter dovrà essere un corpo unico. Una vera squadra.

All’opposto Ci sono comunque diversi gradi di separazion­e tra il biondone vichingo e l’indio cresciuto a Bahia Blanca: talento bionico costruito in laboratori­o contro istinto e imprevedib­ilità latina. In partenza li differenzi­ano 20 cm di altezza, ma la loro struttura fisica agli opposti aiuta anche a definire il ruolo: Haaland, 1.94, è il centravant­i venuto dal futuro per abbattere ogni parete; Lautaro, 1.74, può giocare anche da seconda punta vecchio stile, ma sa bene come diventare rapinatore d’area. Il norvegese classe 2000 ha tre anni meno dell’argentino, ma ha già terrorizza­to la Premier e il calcio europeo. La scalata al vertice della piramide è stata impetuosa, senza rallentame­nti, fino all’arrivo al City la scorsa estate: l’ultimo acquisto dello sceicco, neanche il più costoso visto il pagamento di una clausola da 60 milioni appena, è stato vissuto da tutti i tifosi della Manchester blu come un evento messianico. Ecco ciò che mancava per arrivare alla gloria, hanno pensato e i fatti hanno dato ragione. Segnando la vertigine di 52 gol in 51 partite, con la media aliena di una rete ogni 76’, sta trascinand­o una squadra di fenomeni al sogno

treble: Premier (già vinta), Fa Cup (derby di finale con lo United il 3 giugno) e Champions da contendere all’Inter di Lautaro il 10. Martinez, invece, ha finalmente fatto lo scatto al livello dei big: ha segnato 27 reti in stagione, suo massimo finora ma poco più della metà del rivale. Nell’ultimo periodo, però, il Toro si è imbizzarri­to davvero in stile Haaland: da aprile l’ha messa dentro 10 volte come Erling e in questo periodo solo Wilson del Newcastle e Benzema (11) ne contano di più. A Istanbul monteranno il palco per la battaglia rap e non conteranno le altre musiche ascoltate in privato. Lautaro si rilassa con reggaeton e cumbia, mentre Haaland vive l’ossessione pure nel telefono: la suoneria è l’inno della Champions.

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