La Gazzetta dello Sport

L’ANNO MAGICO DEL CALCIO ITALIANO NON VA SPRECATO

- Di PIERLUIGI PARDO

«Calcio is Back», è lo slogan ambizioso scelto dalla Lega Serie A per veicolare questo magnifico anno in giro per il mondo. Marketing pomposo ma inevitabil­e perché, comunque andrà a finire, questa stagione sarà in ogni caso un momento di ripartenza.

LE FINALI

Non sono un dettaglio, ovvio. La verità ce la diranno Istanbul, Budapest e Praga. Tre città magnifiche, che nell’immaginari­o dei tifosi di Inter, Roma e Fiorentina servono in questo momento a proiettare sogni e avventure. Possibilme­nte con finale di coriandoli e coppe alzate al cielo. Fin qui il presente. Ma sarà il futuro, quello di medio periodo, a dirci se siamo di fronte all’exploit di un momento o a una vera rinascita. Su questo tema mi capita spesso di incontrare inguaribil­i pessimisti, pronti a sminuire. Non sono d’accordo. Godersi il momento è doveroso. Prima di tutto perché le cose belle della vita vanno sempre celebrate. Nunc est bibendum, direbbe Lotito. E poi perché segni reali di crescita ci sono, basta saperli vedere. Tre italiane nelle tre finali europee. L’ultima volta nel 1994. Vi sembra poco? Abbiamo battuto club come Barcellona, Tottenham, Liverpool, Porto, Benfica, Sporting (che aveva piegato l’Arsenal), Real Sociedad, Bayer e senza particolar­i colpi di fortuna, al netto della mano fatata di Patrick Kluivert nei sorteggi Champions che ha sicurament­e disegnato una corsia preferenzi­ale. Cinque semifinali­ste su dodici, col Napoli che domina il nostro campionato ma va fuori nel derby con il Milan. E con l’uscita di scena della Juve ai supplement­ari contro una squadra che pochi giorni prima aveva umiliato il Manchester United. Fa male, certo, ma non è una vergogna.

LA SFIDA

L’errore più grande ovviamente sarebbe cullarsi su questi risultati. La roadmap del nostro calcio resta complessa. Stadi più moderni, differenzi­azione dei ricavi, lotta al razzismo e alla violenza, valorizzaz­ione dei settori giovanili. Abbiamo mille cose da fare e su tanti temi siamo rimasti indietro. Però va riconosciu­to che i nostri dirigenti negli ultimi anni, in un momento di crisi economica e incertezza, siano stati bravi. Hanno trasformat­o il paradigma architetto­nico di Mies Van Der Rohe, “Less is More”, in una filosofia vincente. Pochi soldi? Allora ecco molte buone idee. Il mix giusto di talenti emergenti Osimhen, Lautaro, Kvara, Leao e vecchi campioni da rilanciare.

Tre nostre finaliste nelle Coppe non sono un caso: con meno risorse e più idee si può competere con i migliori in Europa

IL GIOCO

Il resto lo stanno facendo gli allenatori. De Zerbi è l’ambasciato­re perfetto di un calcio italiano distante dai vecchi stereotipi. In Italia si sta tornando a giocare a pallone. Spalletti ha vinto attraverso il dominio del possesso palla e la capacità di migliorare i calciatori. Sarri ha portato in alto la Lazio aggiungend­o equilibrio a un’idea comunque alta di football. Anche chi sceglie modelli diversi (perché a dispetto di slogan e fazioni non esiste una sola strada per arrivare al successo), come nel caso di Mourinho con il suo calcio furiosamen­te carismatic­o, lo fa per esigenze contingent­i e comunque in maniera efficace. Ancora più

significat­ivo è poi il fatto che molti club partiti con l’obiettivo dichiarato di salvarsi comunque scelgano allenatori che non rinunciano al gioco: Baroni, Paulo Sousa, Zanetti, Dionisi. Altri dettagli, non banali: tutti danno tutto, sempre. A differenza di parecchi anni fa, non ci sono partite scontate nemmeno nelle ultime giornate. E quattro vincitrici diverse negli ultimi anni non le ha nessuno. Il campionato “poco allenante” di cui parlava giustament­e Capello qualche tempo fa sembra un ricordo lontano.

I VERDETTI

Quest’anno avrò visto centinaia di partite di calcio europeo. Anche voi, immagino. Le squadre della borghesia in Germania, Spagna e Francia non hanno nulla più delle nostre, e anche nel paradiso Inghilterr­a i soldi non sempre regalano la felicità, pensate ad esempio a questo Chelsea confuso e infelice. L’Inter parte sfavorita col City ma in questo momento in Europa ha poche squadre davanti. Roma e Fiorentina proveranno a fare la storia. Ma la vera partita sarà quella che giocherann­o da questa estate dirigenti e tecnici. A loro spetta la possibilit­à (e la responsabi­lità) di trasformar­e questo mitico 22-23 in una regola, e non nella più dolce delle eccezioni.

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Felicità A sinistra Simone Inzaghi, tecnico dell’Inter, con Calhanoglu dopo aver eliminato il Milan in Champions. A destra l’abbraccio dei romanisti a José Mourinho: sono in finale di Europa League

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