La Gazzetta dello Sport

Milan che forza

- di Alessandra Giardini

Sulle Tre Cime ho vissuto la giornata peggiore della mia vita

Sul monte Lussari c’era uno striscione: «Egregio signor Bahrain, dia una squadra a Milan per vincere a Roma». Jonathan diventa di tutti i colori: «Io la squadra ce l’ho e al Giro siamo stati piuttosto bravi. Abbiamo dato il massimo. Nessuno poteva sapere come sarei andato, era il primo Giro, un’incognita».

► Invece le ha cambiato la vita?

«Posso dirlo? Mi ha fatto vedere che posso avere più fiducia in me stesso, devo solo calibrare un po’ il tiro. Ma mi sono accorto che adesso tanta gente fa il tifo per me, mi fa molto piacere».

► La giornata peggiore sulle Tre Cime, giusto?

«Sì. Ma la peggiore di tutta la mia vita. Una roba così non me la immaginavo. La notte ero stato male: intestino, sarà stata la stanchezza, o il freddo. Ho dormito un’ora e mezza, la mattina non sono riuscito a mangiare, sono partito senza forze. Ho iniziato a mangiucchi­are qualcosa durante la tappa, ero sempre sul punto di staccarmi. Se non ci fossero stati i miei compagni non sarei qui: Pasqualon, Sutterlin e Arashiro mi hanno letteralme­nte trascinato al traguardo salvandomi il Giro. Quando sono arrivato non avevo neanche la forza di togliermi i guanti».

► Che cosa pensava?

«Alla maglia ciclamino. Mi dicevo che non potevo mollarla così, senza combattere un po’».

► Sarebbe stato un peccato...

«Sono stato una sorpresa per tutti, anche per me. Prima di partire tutti mi parlavano di

Jonathan Milan sulla crisi nella tappa dolomitica

queste 3 settimane. Tutti i giorni mi dicevo: ehi, non c’è male».

► Qual era l’obiettivo al via?

«Andare al Giro era già un obiettivo, era il mio sogno. Ma alla ciclamino non pensavo. Poi l’ho presa e giorno dopo giorno l’obiettivo è diventato tenerla».

La più giovane maglia ciclamino dopo Saronni, che aveva 21 anni e 257 giorni.

«Ah sono solo il secondo? Comunque non l’ho ancora vinta, fino alla fine non si sa mai».

► L’hanno vinta Moser, Saronni, tutti i grandi.

«Lo so, ho dato una sbirciatin­a».

► Le piace la storia del ciclismo?

«Certo. Perché c’è qualcuno a cui non piace? Alla fine sono contento, anche per i quattro secondi posti e per gli errori che ho commesso. Cercherò di non ripeterli».

► Fa sempre così tanta strada per vincere le volate?

«Eh sì, sono partito un po’ troppo lontano, vero?».

► Comunque ha vinto una tappa al Giro a 22 anni.

«Come Cipollini, me l’hanno detto. E poi mi ha mandato un messaggio pure lui, è molto bello sapere che fa il tifo per me».

► Cavendish cosa le ha detto?

«È venuto a congratula­rsi, le solite cose, bella gara, così e colà».

► Un idolo ce l’aveva prima?

«Idolo non proprio lo avevo. Seguivo quelli come me, da Cipollini a Cancellara. Ma poi anche Vincenzo Nibali e Contador».

► Milan, De Marchi, i fratelli Bais: è stato il Giro del Cycling Team Friuli.

«Siamo cresciuti alla stessa

scuola, è stato molto bello trovarsi al Giro. Emozionant­e».

► Qual è il segreto di questo team?

«La passione e l’esperienza».

► Milan, Dainese, Zana, Frigo, i due Bais: allora non è vero che non ci sono giovani forti nel ciclismo italiano?

«Ci dovete dare tempo, anche di sbagliare, dovete farci crescere, non metterci pressione».

► Dopo il Giro cosa succede?

«Una settimana senza toccare la bici, con la ragazza e gli amici. Magari un giretto in Vespa».

► Prossimi obiettivi?

«Il Mondiale su pista. Magari anche quello su strada».

► Sul Lussari chi c’era?

«I miei genitori, la mia ragazza, nonni, zii, amici. Mancava mio fratello perché correva. Bellissimo, ho ancora la pelle d’oca».

► Si ricorda quando faceva la fila per farsi firmare qualcosa da De Marchi al ritorno dal Giro?

«Ho ancora tutto».

► Quando tornerà a Buja i bimbi faranno per un selfie con lei. «Farò tutto quello che vogliono, prometto. Certo che è proprio bellissima la vita».

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