La Gazzetta dello Sport

GUNDOGAN TEDESCO E CAPITAN CALHA A ISTANBUL È SFIDA TRA... FRATELLI

- di Filippo Conticello

AIstanbul non dovrebbero avere dubbi: più semplice tifare il capitano della nazionale turca piuttosto che quello del City arabo. Nello stadio che porta il nome del generale Atatürk, padre della Turchia moderna, c’è una partita dentro alla partita potenzialm­ente incandesce­nte. È una sfida che tocca identità, nazionalis­mo e integrazio­ne: Ilkay Gundogan, condottier­o di Pep, contro Hakan Calhanoglu, gioiello di Simone, è molto più che calcio. Sono cose turche, in ogni senso.

Ilkay il tedesco In finale sono arrivate due mediane d’élite e a guidarle due centrocamp­isti nati e cresciuti in Germania da famiglie turche: il 32enne Ilkay a Gelsenkirc­hen, cuore della ricca regione della Ruhr, mentre il 29enne Hakan a Manheim, verso il confine con i Paesi Bassi. Il nonno di Gundogan si trasferì in Germania nel 1979, poi dopo la nascita del nipote, la famiglia si trasferì per intero in un quartiere con tasso minimo di immigrati. L’idea era chiara: il ragazzo doveva crescere fra i tedeschi, governare la lingua senza inflession­i. Non è un caso che Gundogan abbia scelto subito la maglia bianca della Germania: l’ha difesa in due Mondiali tra Russia e Qatar (non è campione del mondo solo perché saltò l’edizione 2014 per infortunio), ma soprattutt­o mai si è sentito uno straniero naturalizz­ato. La sua è una identità fieramente divisa: «A casa ho sempre parlato più tedesco che turco, ma conosco entrambi gli inni...». Certo, quando nel 2018 incontrò Erdogan all’ambasciata di Londra e lo chiamò “il mio presidente”, i tedeschi non la presero benissimo.

Hakan il turco La Manheim di Calha era meno contaminat­a, quasi interament­e turca: dalla lingue alle usanze, ha ricevuto un’altra educazione. Negli anni è servito il talento con la palla per farsi accettare fino in fondo da chi gli stava accanto. Anche nel suo caso, la scelta della nazionale turca è arrivata fin dalle giovanili, poi nel 2013 il debutto nella selezione maggiore per la gioia dei genitori: «Ringrazio i tedeschi perché qui sono diventato un calciatore. Ma giocare per la Turchia è un onore...», disse allora. Dieci anni dopo ha una fascia al braccio come conferma d’amore. Ilkan e

Hakan non hanno mai giocato contro in una sfida fratricida in nazionale: l’unico precedente su fronti opposti è in Bundesliga, nel settembre 2015, un 3-0 senza storia del Dortmund di Gundogan al Leverkusen di Calha. Nella bacheca di entrambi, però, non c’è traccia di trofei internazio­nali e qui la stella del City ha ben più rimpianti, dal Mondiale saltato in Brasile a due finali di Champions perdute. In ogni caso, sabato uno dei due sfaterà questo tabù.

E l’Italia... C’è pure un po’ di tricolore in tutto questo rosso abbagliant­e (con mezzaluna araba), e non solo perché Calha conosce Milano da ogni angolo di tifo. Gundogan, infatti, è sposato con l’italiana Sara Arfaoui, un tempo una delle “Professore­sse” de L’Eredità su Rai 1. Di origini marocchine, lei è nata a Montebellu­na (Treviso), poi i due si sono sposati a giugno 2022 a Cassano d’Adda, nel Milanese: «Sono legato all’Italia, specialmen­te a Milano, mio figlio è nato lì, mi piace venirci in vacanza ma quest’anno dipende da come va la finale...», ha scherzato ieri lo stesso Ilkay. In più, ha rivelato che il “nemico” è davvero vicino a lui: «Il medico di mio figlio è italiano ed è un grande tifoso dell’Inter: ovviamente l’ho incontrato...». Dopo le nozze, la famiglia Gundogan ha curiosamen­te viaggiato a Copenaghen e il motivo sarà piaciuto pure al rivale Calha: lì, in Danimarca, il Galatasara­y vinse la Uefa del 2000. Hakan condivide, infatti, lo stesso tifo e ha esultato via social per il recente titolo del “Gala” di Icardi e Zaniolo. Nessuno dei due, però, è originario di Istanbul: la famiglia Gundogan viene dalla provincia nord-occidental­e di Balıkesir, mentre Calha torna sempre nella sua Trebisonda. Nel paese dei genitori, Bayburt, l’interista è un mito vivente e ha contribuit­o in prima persona alla ricostruzi­one dopo il terremoto. Dopo quella tragedia da 41mila morti e un’elezione generale che ha spaccato in due il Paese, a Istanbul vogliono godersi solo del buon calcio. In fondo, sanno per quale turco votare sabato.

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