La Gazzetta dello Sport

Come si batte il City? C’è chi ci è già riuscito

La vittorie di Tottenham, Brentford e United indicano le strade da seguire. Con qualche rischio

- di Alex Frosio

In altri tempi ce la saremmo cavata facilmente: i difensori centrali sono lenti, basta attaccarli in velocità, come si diceva una volta delle squadre inglesi. Con il Manchester City, la squadra tatticamen­te più evoluta del pianeta e forse di sempre, è un po’ più complicato di così (e i difensori sono molto veloci...). Però nessuno è imbattibil­e, anche se le sconfitte stagionali del Pep-Team sono state davvero poche: 7 in 60 partite. Esclusa l’ultima con il Brentford - con la Premier già in tasca - l’ultimo ko vero risale a inizio febbraio, contro il Tottenham di Antonio Conte. Prima, con Brentford e United all’andata. Con l’asterisco: sono arrivate tutte prima dell’ultima invenzione di Guardiola, cioè Stones difensore/mediano. Più chili, più centimetri, più esperienza. Con questa soluzione, il City ha praticamen­te cominciato a dare almeno 3 gol più o meno a tutti, compresi Bayern e Real Madrid.

Pressing Il Tottenham, dunque. Conte ha difeso con il 5-4-1: i due quinti molto bassi, le ali in ripiegamen­to all’altezza dei due mediani per una linea molto stretta per ostruire le ricezioni sulla trequarti. Il baricentro però non è stato da catenaccio: se si abbassa troppo, le punte esterne raddoppian­o sulle ali di Pep (servirà l’aiuto di Lautaro, con Conte lo faceva). Gli Spurs però non avevano rinunciato alla pressione alta: così è arrivato il gol di Kane dopo uno scippo a Lewis in costruzion­e bassa (ma lì adesso c’è Stones). Anche due settimane prima Kulusevski aveva segnato approfitta­ndo di un errore analogo. Lì, il Tottenham era andato sullo 0-2, poi ribaltato sul 4-2. Perché non sempre la strategia funziona: pressare alto significa esporsi al rischio di far saltare la prima linea, e in quel caso il City va in porta soprattutt­o sull’asse De Bruyne-Haaland. Per evitarlo, Conte aveva ordinato il fallo sistematic­o. Altra cosa che dà fastidio: le corse palla al piede che spezzano le linee: il City fa più fatica a ricorrere al fallo.

Ripartenze In modo analogo era riuscito il blitz del Brentford all’Etihad. 3-5-2 come quello di Inzaghi, blocco basso, sponde aeree di Toney per l’inseriment­o della mezzala (Dzeko per Barella o Mkhitaryan...) e azioni partite da lontanissi­mo (ci ha provato anche il Crystal Palace, ma ribaltato da 0-2 a 4-2). Sono armi che l’Inter conosce: in Champions i nerazzurri hanno il secondo maggior numero di tiri arrivati in contropied­e (12), dietro solo al Milan (13). Occhio però: abbassarsi troppo significa esporsi a Haaland, che ama appostarsi sul secondo palo, e ai tiri da lontano. Il pericolo è Rodri: sembra un lentone che si limita a dirigere il traffico in mezzo, poi si alza improvvisa­mente e spunta al limite dell’area per il tiro in porta. Se però l’equilibrio regge, il City si sbilancia anche con entrambi i terzini. E lì c’è spazio per colpire alle spalle, come ha fatto il Manchester United in campionato.

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