DA REYNOLDS A SACCHI-CRUIJFF COSÌ È NATO IL GUARDIOLISMO
L’albero genealogico del tecnico del City affonda le radici nel Novecento, col calcio totale brevettato dall’Ajax
Non abbiamo trovato pensieri e parole di Pep Guardiola su Jack Reynolds, ma è probabile che non siamo stati bravi nella ricerca. Johan Cruijff gli avrà di sicuro parlato dell’«inglese che costruì l’Ajax», come da titolo di un articolo che anni fa il Guardian dedicò a Reynolds. Nato in un sobborgo di Manchester nel 1881 e morto ad Amsterdam nel 1962, Reynolds è considerato il padre del calcio totale ed è alla base dell’albero genealogico di Guardiola. Reynolds- Michels- SacchiCruijff-Guardiola: a grandi linee, con qualche altra diramazione, è la catena che ha portato fino al gioco posizionale dell’allenatore del City di oggi.
Jack di gioco Si chiama Jack, ma per gli olandesi è Sjek e allena l’Ajax per tre volte, tra il 1915 e il 1947. Prima dell’avvento di Jack “Sjek” Reynolds, l’Ajax era un piccolo club, lui lo issa ai vertici del calcio olandese - 8 “scudetti” - con una rivoluzione culturale. Introduce il “passing game”, il gioco basato sul possesso palla e sui passaggi, e il concetto base che ha fatto le fortune dell’Ajax: tutte le formazioni delle giovanili devono giocare come la prima squadra. «L’attacco è e rimane la miglior difesa», sentenzia. Scrive un pensiero che assomiglia a un manifesto programmatico: «Gioco aperto, gioco aperto. Non puoi permetterti di trascurare le ali». Johan Cruijff, nell’autobiografia, lo definirà “il visionario inglese che pose i fondamenti del calcio totale”.Un tecnico lontano dal “kick and run”, il batti e corri che ha permeato a lungo il football britannico. Smesso di allenare, Reynolds apre ad Amsterdam un negozio di sigari. Un suo “postero”, il connazionale Vic Buckingham, ne perpetrerà i metodi senza grandi risultati, ma avrà il merito di far esordire nell’Ajax dei grandi un ragazzo, Johan Cruijff. «Se hai la palla, tienila – diceva Buckingham -, il possesso è nove decimi del gioco». Buckingham allenerà il Barcellona: anche Michels, Cruijff e Guardiola lo avrebbero fatto.
Il Generale Sedicenne, nel 1946,Rinus Michels entra nel vivaio dell’Ajax, proprio negli ultimi mesi di Reynolds come allenatore. E Reynolds lo plasma perché lavora dalla sera alla mattina su tutte le formazioni dell’Ajax, dai ragazzi ai grandi. Michels, un attaccante, assorbe il verbo dell’inglese e lo affina sull’onda lunga dell’Honved e dell’Ungheria degli anni Cinquanta, altri prototipi del calcio totale. Nel 1965 diventa allenatore dell’Ajax: «Voglio che la mia squadra sappia posizionarsi, muoversi e creare e utilizzare lo spazio come l’Ungheria del Mondiale 1954 » . Lo chiamano il Generale perché è un duro e ripete che «il calcio è come la guerra». Chiama i giocatori per numero di maglia, li tratta con ruvidezza. Vince la Coppa Campioni del 1971, se ne va al Barcellona e lascia l’Ajax a Stefan Kovacs, un romeno conciliante. Kovacs gestisce l’eredità tecnico-tattica di Michels, l’Ajax vince altre due Coppe dei Campioni (1972 e 1973). Cruijff lo attaccherà («Diceva: “Esprimetevi liberamente”. Così intaccò la disciplina di gioco e di allenamento») e riconoscerà a Michels la primogenitura dell’Ajax e dell’Olanda degli anni 70: «Michels mi ha insegnato che difendere consiste nel concedere il pallone agli avversari per il minor tempo possibile. E che gli spazi si devono allargare in possesso palla e restringere in fase di non possesso. Nel calcio ogni cosa è una funzione della distanza».
Scarpe e intensità Nei primi anni Settanta un giovane italiano gira l’Europa per vendere le scarpe del calzaturificio del padre, in Romagna. Si chiama Arrigo Sacchi e nei suoi viaggi di lavoro predilige Amsterdam perché lì può fermarsi ad osservare gli allenamenti dell’Ajax di Cruijff. Diventato allenatore, negli anni Ottanta riporta in alto il calcio totale attraverso un grande Milan, non a caso fondato su tre olandesi, Van Basten, Gullit e Rijkaard. Sacchi porta all’estremo il valore dell’intensità, vuole che i suoi giocatori siano aggressivi sempre. Il Milan tiene la linea difensiva a ridosso della metà campo, soffoca gli avversari. Sono gli anni in cui Cruijff inizia ad allenare, prima l’Ajax, poi il Barcellona. Il Milan di Sacchi gli serve come rinfrescante della memoria.
Le profezie Il Profeta del gol, così Sandro Ciotti aveva ribattezzato il Cruijff giocatore. Cruijff dispensa profezie anche da allenatore del Barcellona. E di Pep Guardiola, il suo allievo numero uno. dirà: «Ha la mente aperta, è intelligente». Guardiola ricambierà: «Cruijff ha dipinto la Cappella Sistina. Noi abbiamo dato qualche pennellata». Cruijff ci ha lasciato molti enunciati. In una sua legge ci pare di scorgere un particolare del City di Guardiola: «Un giocatore in possesso palla deve avere sempre un compagno al suo fianco e un altro davanti. Lo spazio tra il portatore e i due compagni non deve mai superare i dieci metri». Il più famoso aforisma di Cruijff resta però questo: «Il calcio è semplice , ma giocare un calcio semplice è la cosa più difficile».
Le parole di Johan «Michels diceva che difendere è concedere il meno possibile la palla agli avversari»