CAGLIARI E BARI: UNA SFIDA DI GRANDI PASSIONI PER TORNARE IN A
L’estate stenta a decollare, bisogna avere ancora un po’ di pazienza, nel frattempo chi cerca il primo “caldo” stasera può trovare una prima razione. Abbondante. Cagliari e Bari sono città di mare con grande flusso di turisti, ma questa settimana si sono trasformate in puri centri d’attrazione calcistica. Le vacanze possono aspettare, la Serie A no. Primo round della finale playoff, Unipol Domus che si rivela troppo piccola per un evento del genere (poco più di 16 mila posti, tutti esauriti in poco tempo), in attesa del nuovo impianto che con questi numeri ha un motivo in più per ricevere l’accelerata finale. Nulla al confronto di quello che succederà domenica al ritorno, quando al San Nicola ci saranno più di 58 mila spettatori a spingere il Bari: un dato che porterà la sfida nella top ten di sempre della categoria. E raggiunto sulla fiducia, senza sapere come andrà la partita di andata. Questo è amore, questi sono dati che nel calcio moderno fanno riflettere. Se la Serie A per avere più appeal in tv ha bisogno (anche, ma non solo) di numeri del genere sarà soddisfatta. Perché è in arrivo una grande piazza, comunque vada, che ha conquistato la categoria sul campo, com’è giusto che sia, e non per diritto divino. La cosa imprevedibile, adesso, è capire quale delle due. Il Cagliari ha un maggior tasso tecnico, una rosa più profonda e il tecnico più esperto. Basterà? Il Bari ha il vantaggio del miglior piazzamento che lo porterà in A anche con due pareggi, ha mantenuto la mentalità vincente dopo la promozione dalla C e poi avrà domenica quel sostegno a compensare cali di energia umanamente comprensibili. E poi c’è Mignani, che si può considerare un piccolo Ranieri per come schiera la squadra, per come la manipola durante la partita, per come gestisce i giocatori e per la signorilità. Entrambi debuttanti nei playoff, sanno vivere una finale. Paragone azzardato? Non lo è quello tra le due squadre, fatte da giocatori esperti (Nandez, Di Cesare) e giovani talenti (Luvumbo, Esposito), bandiere che si identificano con il territorio (Mancosu, Bellomo), bomber di lusso (Lapadula, Cheddira), elementi saliti dalla Primavera (Obert) o scoperti in Serie D (Dorval), qualche straniero e tanti italiani. Tutti distribuiti in un 4-3-1-2 di partenza che poi
sul campo avrà sviluppi particolari, legati alle scelte dei tecnici e all’andamento delle partite. Quante frecce ci sono agli archi di Ranieri e Mignani, quante soluzioni potranno decidere questa finale! La scelta è ampia, il confronto totale. Come quello tra i manager: il pacato Bonato e il focoso Polito, ex portieri e oggi strateghi dei presidenti. Già, perché tutto nasce e finisce da loro. Tommaso Giulini deve fare pace con Cagliari dopo la retrocessione e soltanto il ritorno in A potrà ricucire la ferita. Luigi De Laurentiis sa che se andrà in A dovrà vendere il Bari e un po’ gli dispiacerà, visto il lavoro fatto partendo dalla D e la riconoscenza ricevuta. Insomma, i motivi non mancano e ci sono tutte le premesse per una grande finale. Se si potesse vivere di soli playoff non ci si annoierebbe mai, anche in una B che non è stata di certo banale e scontata. Nemmeno questa finale lo sarà. PisaMonza un anno fa è stata la più bella di sempre. Ma si può sempre migliorare nella vita.