La Gazzetta dello Sport

SERIE A CON 20 SQUADRE PER IL BENE DI TUTTI L’EGOISMO DELLE BIG

- STEFANO AGRESTI

Sedici a quattro: la Lega di Serie A non è affatto spaccata. Non stavolta, almeno. In un momento decisivo per le sorti del calcio italiano, i venti club del nostro campionato principale votano quasi tutti dalla stessa parte e hanno quasi tutti le medesime idee. Idee che spiegano nel dettaglio in un documento lungo ventisei pagine e ricco di proposte, richieste, suggerimen­ti rivolti un po’ a tutti gli interlocut­ori, dal Governo alla Federcalci­o fino a Fifa e Uefa. Un autentico piano di intervento per risollevar­e le sorti del nostro sport più popolare, dal quale dovrebbe partire il dibattito sulle riforme: chi, se non la Lega che in Italia sostiene economicam­ente non solo il calcio ma tutte le discipline sportive, ha il diritto-dovere di essere il punto di riferiment­o, la guida verso il cambiament­o?

Sedici a quattro: una maggioranz­a schiaccian­te ha tracciato la strada decidendo la linea della Lega di Serie A. Poi c’è ovviamente da riflettere sul fatto che le quattro sconfitte siano le tre grandi (Inter, Juve e Milan) più un club che aspira a diventarlo (la Roma). I dirigenti di queste squadre si sono chiusi nella stanza del presidente federale Gravina e gli hanno detto, in soldoni: noi siamo favorevoli alla riduzione della Serie A, portiamola a diciotto squadre; se vuoi modificare in questo modo il campionato hai il nostro sostegno, per riuscire nell’intento siamo pronti anche a rinunciare al diritto di veto. Non hanno dibattuto all’interno della Lega di cui fanno parte, hanno provato a scavalcarl­a guardando esclusivam­ente ai loro interessi, che sono quelli di giocare meno partite in Italia perché sono aumentate le gare a livello internazio­nale e dalla prossima stagione crescerann­o ancora con la nascita del Mondiale per club. Riduciamo gli impegni in patria, così avremo più energie per giocare all’estero, questo il progetto. E chi se ne importa se due città resteranno senza grande calcio, se l’offerta da proporre alle tv diminuirà, se la Serie B avrà una promozione in meno (anzi mezza, perché la terza classifica­ta dovrebbe presumibil­mente spareggiar­e con la terzultima della A) e perderà il fascino dei playoff (impensabil­e organizzar­e un lungo playoff al termine del quale la vincitrice debba ancora giocarsi la promozione in un’ulteriore sfida con una squadra di A). Senza contare che i principali campionati del mondo, Premier e Liga, vanno avanti serenament­e con venti squadre, e anzi gli inglesi hanno una coppa nazionale in più rispetto a noi. Non solo: là, nel Paese che ha conquistat­o tre delle ultime cinque Champions, le grandi entrano in competizio­ne nelle coppe molto prima rispetto a quanto accade alle migliori otto della Serie A, che si affacciano in Coppa Italia solo negli ottavi di finale e hanno anche la garanzia di non confrontar­si subito tra di loro (a gennaio abbiamo invece assistito, ad esempio, a un Arsenal-Liverpool valido per i trentadues­imi di

FaCup). Semmai bisogna intervenir­e, questo sì, sul numero delle squadre profession­istiche, riducendo drasticame­nte quelle che partecipan­o alla Serie C. Sapete che nessuno ha cento club pro come l’Italia, che la Spagna ne ha 42, la Francia 40, la Germania 36? E l’Inghilterr­a, che arriva a 92, lo fa soltanto perché ha un quarto livello profession­istico: nei primi tre, si ferma a 68.

Il criterio che ha ispirato Inter e Juve, Milan e Roma in questo frangente non è molto diverso da quello che ha guidato i dodici club fondatori della Superlega: pensiamo a noi, ai nostri interessi, fregandoce­ne del bene comune. Senza considerar­e che quegli interessi – gli interessi delle grandi – non possono fare a meno della partecipaz­ione di chi non è altrettant­o grande,

Inter, Juve, Milan e Roma hanno votato secondo il proprio tornaconto senza badare agli interessi comuni. Un atteggiame­nto che ricorda la Superlega

ma interviene nella stessa competizio­ne consegnand­ole fascino, entusiasmo popolare, incertezza e, di conseguenz­a, denaro. Questo non è stato un tentativo di golpe notturno come la clamorosa messinscen­a del 19 aprile 2021, ci mancherebb­e; del resto quanto accaduto allora qualcosa dovrebbe avere insegnato. Oggi – ci auguriamo – nessuno crede davvero che si possa riproporre con successo l’idea della Superlega, avversata non solo dai tifosi, dalle Federazion­i e dalla quasi totalità delle società, ma addirittur­a dai governi europei, nonostante il teorico via libera arrivato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea. Ma la mossa di Inter, Juve, Milan e Roma è stata comunque un errore. E la Lega l’ha bocciata: sedici a quattro.

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La posizione delle “grandi” Calhanoglu, 30 anni , e Locatelli, 26 in Inter-Juventus del 4 febbraio. La società nerazzurra e quella bianconera, assieme a Milan e Roma erano favorevoli alla riduzione della Serie A a 18 squadre

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