La Gazzetta dello Sport

Un tiro un gol Super Victor batte anche la stanchezza

Stava per essere sostituito da Calzona, poi il lampo Quanto è mancato al Napoli

- di Marco Ciriello

La ripartenza

Il nigeriano riallaccia la storia coi tifosi dopo la Coppa d’Africa e le voci di mercato

Aveva il dito e le speranze puntate addosso più di Francesco Calzona che ha provato a metterci una nuova geometria, oltre la faccia. Stava per uscire, Jack Raspadori e Giovanni Simeone erano già con un piede in campo, pronti a entrare, e lui non aveva mai tirato in porta, sembrava ancora una volta l’attaccante assente, quello che parte e se torna lo fa tardi e stropiccia­to. Con flemma da Michael Jackson si muoveva flessuoso sul limite della stanchezza, marcato dal fallimento, avvinto dal gol che non era venuto. Perso come l’aereo che doveva riportarlo a Napoli dalla Nigeria dopo la Coppa d’Africa.

Porta girevole Aveva corso, c’aveva provato, si era battuto, ma erano mancati i palloni giusti per segnare. Poi Zambo Anguissa ha rubato una palla per lui e Victor Osimhen ha fatto la porta girevole al centro dell’area del Barcellona, girando intorno al corpo e soprattutt­o a piedi di Martinez, e finalmente l’ha messa in porta alle spalle di Ter Stegen. Un tiro, un gol. Al primo tentativo ha cambiato la struttura narrativa della partita e rimesso il Napoli in corsa. Doveva segnare e l’ha fatto, doveva metterci il piede e l’ha fatto, doveva scrivere il suo nome sulla partita e l’ha fatto, rispettand­o le aspettativ­e e ristabilen­do priorità. Tornando davvero, con la sua vera lingua: il gol. Rimettendo il suo corpaccion­e e i suoi piedi pensanti al servizio dei sogni del “Maradona”. Tutto il resto passa in secondo piano. Ha segnato e sembrava stesse dicendo: Napoletani, dove eravamo rimasti? Riallaccia­ndo la storia interrotta, tornando protagonis­ta e mandando il pallone proprio nella stessa porta dove l’aveva mandato col Cagliari, ma di testa, nell’ultima partita prima di smarcarsi e volare in Africa, prima di lasciare il Napoli e consegnarl­o al passato con la freddezza di una serie di dichiarazi­oni che dicevano: au revoir mes amis. Ci aveva messo le parole al posto dei gol, un discorso che la città non si aspettava, con un eccesso di sicurezza, un distacco al quale i napoletani non erano abituati, mentre vivevano uno stallo impensabil­e dopo la stagione spallettia­na e lo scudetto. Senza rancore, ma ho altri progetti. Questo era l’atteggiame­nto. E senza rancore però ha anche ripreso a segnare, anche perché i gol gli servono per essere ancora più appetibile che sia in Ligue 1 o in Premier League, come servono al Napoli per rimanere in corsa in Europa, per rimettersi al centro del calcio italiano.

Il nodo che aiuta È questo il nodo che forse aiuterà Calzona, e salverà Aurelio De Laurentis. E tutti dopo aver esultato hanno pensato: quanto ci sei mancato Osimhen, quanto è mancato al Napoli uno che si inventa lo spazio e l’occasione per andare a segnare, che dopo aver bordeggiat­o l’assenza diventa, ancora una volta, l’attaccante iperpresen­te, il calciatore al quale basta un attimo per tornare a essere decisivo, per riprenders­i il campo e il gol. Ha riacceso le speranze quando la partita sembrava essersi messa in fila con le altre, quelle senza di lui. Ma era solo un’impression­e di febbraio. Osimhen ha rubato il tempo a tutti: a Xavi, a Calzona, a Martinez e Simeone, in una rapidità che era fame di gol, voglia di rimettersi in corsa, tenendo stretto ai piedi il pallone, l’unico possibile, come un bimbo che sa che quella è la sua ultima possibilit­à, il suo ultimo biglietto della lotteria. Ha salvato Napoli e ha salvato se stesso. Il Luna Park Osimhen ha riacceso le luci. E con tutti i riflettori puntati sui suoi piedi. Ricomincia il divertimen­to, tornano i gol, poi si misurerà l’assenza.

 ?? AP ?? Decisivo Victor Osimhen, 25 anni, festeggia il gol che ha permesso al Napoli di pareggiare contro il Barcellona
AP Decisivo Victor Osimhen, 25 anni, festeggia il gol che ha permesso al Napoli di pareggiare contro il Barcellona

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