La Gazzetta dello Sport

DA MEAZZA A VIERI E UN PO’ DI MAZZOLA LAUTARO MISCELA LA STORIA DELL’INTER

Leadership, potenza, fiuto: le somiglianz­e del Toro con i bomber che lo precedono

- Di Davide Stoppini MILANO

L’evoluzione della specie alla voce attaccanti. Alla voce storia dell’Inter. Lautaro Martinez non è solo il capitano. Non è solo l’uomo che insegue il record di gol di Higuain e Immobile in un solo campionato. Neppure solo quello che dopo Riad, nel momento più difficile in termini di classifica, con la Juventus che aveva preso il comando, aveva indicato la via ai compagni. Non è neanche solo quello che si appresta a diventare, quando la firma sul contratto arriverà, il giocatore più pagato della Serie A. Ma ora è che è entrato nel club dei centenari dell’Inter, è anche il giocatore che meglio rappresent­a la sintesi degli otto bomber che lo precedono, nella classifica all time dei marcatori nerazzurri in campionato. E allora individuia­mo una voce, almeno una caratteris­tica che l’argentino ha preso in prestito dai suoi predecesso­ri.

Meazza: leadership Partiamo da Meazza, il re di sempre. Peppin, così lo chiamavano a Milano, dominava con i fatti. Guida silenziosa, dribblava e metteva a sedere difensori e portieri, senza bisogno di andare oltre fuori dal campo. Esemplare, come esemplare è il comportame­nto del Lautaro capitano, l’uomo che ha rispolvera­to il senso di appartenen­za nerazzurro.

Lorenzi: grinta Eccoci a Benito, il dispettoso per natura, tanto che un giorno la mamma

Nyers: potenza Ancora indietro nel tempo, scorrendo la classifica. L’apolide nerazzurro era estro e forza miscelati alla perfezione. Se una caratteris­tica Lautaro l’ha rubata, è proprio la potenza (oltre che la precisione) nella conclusion­e in porta. Lautaro sa come far male anche dai 20 metri, sa come essere pericoloso ancor prima di entrare nel suo territorio preferito, l’area di rigore.

Altobelli: gol decisivi Da Spillo Lautaro ha rubato molto, pur essendo molto lontano nell’aspetto fisico. Altobelli è stato campione del mondo come il Toro, certo. Ma soprattutt­o, era uomo in grado di mettere in fila gol decisivi, importanti per il risultato. Si dice, giustament­e: i gol non si contano, si pesano. Ecco, Lautaro ha questa caratteris­tica, proprio come Spillo.

Mazzola: completezz­a Disse Boninsegna, un altro che in questo parallelo c’è dentro per forza, che Lautaro oggi gli ricorda proprio Sandro Mazzola. Nella completezz­a del giocatore, perché Lautaro sa fare tante cose dentro una partita, proprio come Sandro sapeva insegnare calcio anche lontano dalla porta. L’avvio delle azioni di questa Inter passano quasi sempre dai piedi del Toro, con la giocata spalle alla porta a metà campo per aprire il gioco che è diventata ormai un cult.

Boninsegna: coraggio Eccolo, Bonimba. Si potrebbe accostare lui e Lautaro per il colpo di testa: né lui né il Toro arriva(va)no a 1,80 metri di altezza, eppure sono/erano un pericolo costante per i difensori sulle palle aeree. Ma, ancor di più, di Bonimba Lautaro ha preso il coraggio dentro l’area, la capacità e la voglia di buttarsi dentro nella situazioni più intricate.

Icardi: fiuto del gol I due sono stati compagni di squadra, per una stagione. Opposti in tutto, per la verità. Tranne che in un paio di caratteris­tiche. La prima, i gol in acrobazia. E soprattutt­o, il fiuto del gol è molto simile, la capacità di sentire odore di esultanza quando gli altri, quelli normali, neppure vedono la possibilit­à doi tirare in porta.

Vieri: progressio­ne Christian e il Toro, infine. Ovvero il prossimo obiettivo di Lautaro, due reti più su. La potenza, nello specifico la progressio­ne e la forza nel trascinars­i dietro i difensori: ecco, qui i due si assomiglia­no. Il Toro è una specie di mix perfetto. Ma tanto poi, se lo chiedete a lui, dirà che è bello sentirsi sempliceme­nte Lautaro. E all’Inter va benissimo così.

La scalata L’argentino è a quota 101 reti: il prossimo obiettivo è l’aggancio a Bobo all’ottavo posto

 ?? ?? inventò quel soprannome di “Veleno” che si è portato dietro tutta la carriera. E in campo sì, Lorenzi era velenoso. Era fastidioso per gli avversari. Come è fastidioso Lautaro, nel modo di non darsi mai per vinto, rendendo pulito e giocabile ogni singolo pallone.
inventò quel soprannome di “Veleno” che si è portato dietro tutta la carriera. E in campo sì, Lorenzi era velenoso. Era fastidioso per gli avversari. Come è fastidioso Lautaro, nel modo di non darsi mai per vinto, rendendo pulito e giocabile ogni singolo pallone.

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