ADDIO CAPITANO
QUELLE NOTTI MAGICHE COL SETTEBELLO D’ORO AI GIOCHI DI ROMA 1960 «NOI, AMICI NEL MITO»
Una vita nella pallanuoto, il figlio Marco lo imitò a Barcellona ’92. Il ricordo di Lonzi: «In acqua era il terzino base»
Notti magiche, inseguendo una palombella. Quelle di Roma 1960, nuotando nell’oro, sotto le stelle del Foro Italico, davanti alle fiaccole ricavate dai giornali arrotolati. Il capitano di quel Settebello campione olimpico era il napoletano Giuseppe D’Altrui - per tutti Geppino - scomparso all’età di 89 anni nella sua città d’adozione, Pescara, altra terra fertile per questo sport. «All’epoca aveva appena 26 anni, ma già tanta esperienza alle spalle, così seppe introdurre noi più giovani nel gruppo con un ruolo fondamentale. Un collante ideale tra i nuovi e l’allenatore Bandi Zolyomy» ricorda Gianni Lonzi, classe 1938, in seguito c.t. iridato 1978 e vera anima dei comitati tecnici di Len e Fina. Un ritratto che coincide con la sintesi fatta dalla Gazzetta all’indomani del trionfo ai Giochi (il bis dopo Londra 1948): “D’Altrui è il capitano ancora giovane che vanta decine di incontri internazionali, tace ma è dovunque e sostiene il suo compito tecnico e morale in modo perfetto”. Era infatti un uomo mite e riservato, apprezzato da tutti per la simpatia e i modi gentili. Continua Lonzi: «Geppino fu il simbolo di un periodo felice tra veri amici. In acqua era il terzino base, perno della difesa. Aveva un gran fisico. Io, lui, il portiere Dante Rossi ed Eraldo Pizzo eravamo gli inamovibili della squadra, in una pallanuoto ben diversa da oggi, quando prevalevano la tecnica e la fantasia». Gli altri olimpionici di Roma furono Amedeo Ambron, Danio Bardi, Salvatore Gionta, Giancarlo Guerrini, Franco Lavoratori, Luigi Mannelli, Rosario Parmegiani e Brunello Spinelli. Fu un cammino in crescendo, dal difficile esordio con la Romania (4-3) ai match decisivi con le consuete rivali: l’Unione Sovietica battuta 2-0 in semifinale con gol di Pizzo e D’Altrui, nel girone finale la Jugoslavia, superata 2-1 con doppietta di Parmegiani, quindi il conclusivo pareggio 3-3 con l’Ungheria (Parmegiani, Lavoratori, Bardi). Gli azzurri sarebbero stati campioni anche perdendo, la certezza aritmetica era già arrivata con Unione Sovietica-Jugoslavia (4-3).
Il profilo D’Altrui giocò nella Rari Nantes Napoli e nelle Fiamme Oro. Fu allenatore della stessa Rari, poi di Salerno, Mameli, Chiavari e Pescara. In acqua aveva disputato pure i Giochi 1956 e 1964 (quarti posti), vinse il bronzo europeo 1954 a Torino, i Giochi del Mediterraneo 1955 a Barcellona e 1963 a Napoli. Nel 2015 il Coni gli assegnò il Collare d’oro al merito sportivo. Anche il figlio Marco è entrato nel mito, conquistando il grande slam (oro olimpico, europeo e mondiale tra il 1992 e il 1994) sotto la guida di Ratko Rudic. Raccontò Marco (ora tecnico del Club Aquatico Pescara in B), inserito nella Hall of Fame degli sport acquatici al pari di D’Altrui senior: «Papà mi ha detto che la nostra impresa a Barcellona ’92 è superiore alla sua perché conquistata sul campo degli avversari, la Spagna». Dinastie della pallanuoto, quante storie, soprattutto di fratelli: i Pandolfini, i Dennerlein, i Marsili, i De Magistris, i De Crescenzo. E poi, i Ghibellini, i Postiglione, i Calcaterra, i Porzio, i Presciutti... Geppino nel capoluogo abruzzese allevò Franco Di Fulvio (poi vincitore del triplete 1987 con Ivo Trumbic), papà di Francesco – capitano del Settebello di oggi – che invece ebbe Marco come primo tecnico, nella Simply. Di quel grande Pescara faceva parte Amedeo Pomilio, ora vice del c.t. Sandro Campagna, figlio di Gabriele che fu team manager del Settebello di Rudic (e giocò in A con la Lazio). Nella Nazionale che dieci giorni fa ha vinto l’argento mondiale, a Doha, anche i figli d’arte Andrea Fondelli (Massimo fu iridato 1978) e Francesco Condemi (Milena Virzì iridata 1998).