STRADE BIANCHE, VA GIÀ CONSIDERATA IL SESTO MONUMENTO
Il ciclismo è uno sport antico, uno dei pochi presenti fin dalle prime Olimpiadi moderne del 1896. Qualche anno prima, nel 1892 è nata la Liegi- Bastogne-Liegi, la più vecchia e per questo chiamata “la Doyenne”. Quattro anni dopo, nell’anno dei Giochi di Atene, ecco la Parigi-Roubaix. Nel 1905 fu disputato per la prima volta il Giro di Lombardia vinto dal “diavolo rosso” Giovanni Gerbi e due anni dopo, nel 1907, si corse la prima Milano-Sanremo vinta dal leggendario francese Petit Breton. Il mitico Giro delle Fiandre, invece, cominciò la sua storia nel 1913. Vi ho elencato le cinque corse Monumento, cioè le grandi classiche del ciclismo mondiale che da più di cento anni fanno sognare quelli che amano lo sport della bicicletta. Soprattutto nel ciclismo, la storicità è fondamentale nel determinare l’importanza di una corsa. La Sanremo? È un “Mondiale di primavera”, 300 km, che si decide quasi sempre negli ultimi 1000 metri del Poggio. Un’attesa snervante che ha nell’incertezza finale la sua bellezza. E il Fiandre? Con quei Muri in pavé si esaltano i campioni e impazziscono i fiamminghi. La Roubaix è completamente piatta, ma quei 50 km di pietre la rendono la più anacronistica. Per non parlare delle “côte” della Liegi, le salite valloni, o quelle più lunghe del Lombardia. Ecco le cinque corse più importanti al mondo, ognuna con la sua storia. Uniche.
Ma c’è una corsa, nata pochi anni fa, che presto potrebbe raggiungere il prestigio di quelle appena descritte. Si chiama “Strade Bianche”: la classica del nord più a sud d’Europa. È nata nel 2007 ma le sono bastati pochi anni per diventare una delle corse più belle e interessanti. L’unicità del percorso, la straordinaria bellezza del territorio, il traguardo in una delle piazze più iconiche d’Italia, quella di Siena. Perché i corridori vanno pazzi per una corsa del genere? Perché tutti, pedalando su quelle strade antiche, torniamo bambini. Tra la polvere quando c’è il sole o il fango nei giorni di pioggia, a tutti noi tornano in mente le prime pedalate quando cercavamo una pozzanghera per vedere il fango sporcarci di fatica. Sentire i brividi della strada bianca, il rumore delle gomme, la ghiaia che ti fa sobbalzare sulla sella e vibrare le braccia. Non hai paura, come sulle pietre della Roubaix, non percepisci pericolo perché quasi quasi prendi tutto come fosse un gioco. È meraviglioso pedalare in mezzo alle crete senesi, dolci colline che, anche se diventano monti insormontabili, ti piace sfidarle, affrontarle come facevano gli eroi di un tempo.
Quando pedali sulle Sante Marie, uno dei tratti più lunghi e difficili delle Strade Bianche, ti senti un po’ Coppi o un po’ Bartali, ma ti ritorna in mente quando, bambino, sfrecciavi per i campi e sognavi di diventare un campione. Oggi debutta Pogacar, il più completo tra i campioni in attività. Non so se sarà già pronto su un percorso ancora più impegnativo, ma credo che non farà una corsa anonima. Neanche Pidcock starà a guardare, e sono curioso di vedere i giovani come il belga Van Eetvelt o Lenny Martinez ma anche lo svizzero Christen o il messicano Del Toro. Di sicuro vedremo un grande spettacolo, perché il doppio passaggio sulle strade ghiaiate di Colle Pinzuto e le Tolfe renderanno il finale davvero impegnativo. Ecco, la Strade Bianche ha tutto il diritto di entrare nel ristretto cerchio delle grandi classiche perché, come le altre cinque ha qualcosa di particolare: è unica.
La bellezza del territorio, il percorso, l’arrivo a Siena: i corridori la amano