Trossard e poi i rigori L’Arsenal festeggia: ai quarti dopo 14 anni
I Gunners pareggiano con il belga lo 0-1 dell’andata, ma non trovano il raddoppio. Raya respinge due penalty
Abbiamo dominato in attacco e in difesa. Sono molto felice perché il Barça è tra le prime 8 d’Europa
Xavi
È stata una grande partita, abbiamo fatto un lavoro super come squadra
Joao Cancelo
Galeno, decisivo all’andata, si avvia a calciare il rigore con l’Emirates che fischia. Parte tra i buu del pubblico, calcia alla sua destra, ma David Raya vola ad intercettarlo. È così che cade il tabù ottavi di Champions dell’Arsenal, che batte ai tiri dal dischetto il Porto e si conquista i quarti per la prima volta dal 2010. Era dalla finale 2016 che una partita di Champions non finiva ai rigori: le emozioni sono state concentrate tutte alla fine. In quella lotteria che ha promosso la squadra di casa, che aveva pareggiato con Leo Trossard al 41’ l’1-0 del Porto all’andata, segnato proprio da Galeno, e che ci ha messo 120’ più rigori per capire come segnare ancora. L’Arsenal aveva bisogno di questa impresa per continuare a costruire la sua risalita ai massimi livelli: se in Premier è tornata al comando e si giocherà fino alla fine il titolo con Manchester City e Liverpool, il tabù ottavi di Champions era uno scoglio contro cui si era abbattuta anche alla fine dell’era Wenger. Un portiere spagnolo che sabato non ha potuto giocare contro il Brentford perché in prestito dalle Bees, che è arrivato all’Emirates col soprannome di Manotas, manone, è riuscito nell’impresa.
Segnali L’Arsenal nei 90’ aveva anche meritato di vincere, come ha tecnicamente fatto con l’1-0 trascinato fino a ai rigori, ma la versione spumeggiante dei Gunners balzata in testa alla Premier con 8 vittorie su 8 nel 2024 ha lasciato spazio ad una squadra che ha faticato a trovare spazi, poco concreta nel gioco offensivo. All’ispirato Ødegaard ha fatto da contraltare Rice sotto la sua media, alla verve di Trossard la serata piatta di Saka. Arteta ci ha messo del suo ritardando i cambi: in avvio ha preferito la calma di Jorginho davanti alla difesa, ma era chiaro da ben prima dell’83’, quando l’azzurro è stato rilevato da Gabriel Jesus, che all’Arsenal serviva qualche idea in più in attacco, e non solo perché il brasiliano è stato murato da Diogo Costa che ha evitato il gol meno di un minuto dopo l’ingresso in campo. Sarebbe tutto stato diverso se al 68’ l’arbitro Turpin avesse convalidato il 2-0 di Ødegaard, cancellato invece per un fallo di Havertz su Pepe che in una partita spigolosa e permissiva come questa non sarebbe verosimilmente stato fischiato in qualsiasi altra zona del campo.
Distruttivi Il Porto ha giocato da Porto, più impegnato a distruggere e a far innervosire gli avversari che a creare, le stesse “dark arts”, le arti oscure come in Inghilterra chiamano quella che in Italia si definisce spesso “esperienza”, che avevano contribuito a fare la differenza all’andata. La squadra di Sergio Conceição, ammonito per proteste come Arteta, non si è difesa e basta, non ha rinunciato a giocare, ma ha scelto di rimanere fedele a quello in cui è maestra, sfruttando l’esperienza dei suoi per fermare l’Arsenal e provando qualche incursione, soprattutto nel primo tempo, per provare a mettere in difficoltà Raya. La partita, com’era lecito attendersi, l’ha fatta l’Arsenal. I Gunners hanno trovato un gol, abbastanza per pareggiare il risultato dell’andata, ma non sono riusciti ad andare oltre, incapaci di variare un piano partita che nel corso del match si è dimostrato inefficace all’obiettivo di segnare almeno due gol. I rigori e la paratissima di Raya hanno cambiato tutto.