La Gazzetta dello Sport

JUVENTUS TRA ALTI E BASSI MA ALLEGRI HA GIÀ POSTO LE BASI PER IL FUTURO

- di ALESSANDRO VOCALELLI

Dalla Vecchia Signora alla Juventus - alla gioventù, basta la parola - il passo è stato così breve e così fulmineo che ha finito per cogliere un po’ tutti impreparat­i. Già, perché c’era una volta - altri tempi e altro calcio - in cui il bianconero era sinonimo di Grandi giocatori, nel senso di campioni e fuoriclass­e, e per questo spesso anche giocatori grandi, con la g minuscola. Nel senso di gente già affermata, nel pieno della maturità, con un curriculum da riempire un biglietto da visita e un futuro consolidat­o alle spalle. Un punto di confine, o forse di rottura, che alla Juve è stato in fondo rappresent­ato da Cristiano Ronaldo, il prototipo del mito, da inseguire a suon di milioni di euro, per provare a costruire un sogno. Il sogno della Champions. Già, quella Champions, intesa non però come un trofeo da alzare ma soltanto come come zona da occupare con uno dei primi quattro posti, che Allegri ha rivendicat­o - senza riuscire a fare completame­nte breccia - dall’inizio della stagione come traguardo primario, essenziale e fondamenta­le.

Per restituire al club una legittima dimensione europea, per far respirare le casse societarie e continuare a seminare in quella direzione che è stata tracciata anni fa. Nel momento, appunto, della rinuncia a Ronaldo.

Sì, perché la Vecchia Signora, anche quella dei nove e fantastici scudetti, ha lasciato spazio alla Juventus-gioventù, con il suo progetto verde, che ha finito per pagare paradossal­mente il conto allo strepitoso cammino in cui si è accompagna­ta all’Inter per più di mezzo campionato. L’idea di uno scudetto che non era e - si può dire? - non poteva essere forse concretame­nte nei programmi. Certo, la Juve vera non era probabilme­nte quella - capace di tenere testa ad avversari più competitiv­i, tanto più dopo aver perso in avvio Pogba e Fagioli - e non è neppure quella delle ultime otto giornate che ha messo insieme la miseria di sette punti. Un’altalena da far impazzire ottimisti e pessimisti, impegnati sulle montagne russe.

La Juve dicevamo, è una via di mezzo - forse quella che la classifica certifica adesso, con un terzo posto da difendere - però con un obiettivo, una prospettiv­a che nella consideraz­ione dovrebbe farle guadagnare parecchie posizioni. Perché - e qui torniamo alla Juventus, con tutto il suo significat­o - la sensazione netta, anzi una realtà quasi oggettiva, è che comunque il bianconero abbia poggiato le basi per il riscatto, con largo anticipo su gran parte della concorrenz­a.

Continuand­o se necessario a spendere, e spendere moltissimo - come potrebbe avvenire in estate con un paio di colpi da copertina e soprattutt­o come è successo con Vlahovic - però guardando sempre all’anagrafe. Una sorta di apripista - un simbolo - di un lavoro che dovrà andare a maturazion­e nel giro di qualche stagione.

Perché mai come quest’anno si sono imposti - in casa e in giro per l’Italia - i ragazzi bianconeri. Allegri ha dato fiducia e spazio a Miretti, Iling Junior, Nicolussi Caviglia, Yildiz, per citare solo alcuni nomi. Che hanno fatto un’esperienza enorme, già di alta classifica. Alla base rientreran­no nella prossima stagione - reduci da esperienze formative e positive - giocatori come Huijsen, Soulé, Kaio Jorge; si riprenderà legittimam­ente la scena uno come Fagioli; senza contare che sono in tanti, da De Winter al giovanissi­mo Nonge Boende, ad aspettare di essere definitiva­mente messi in rampa di lancio, Quest’ultimo, poi, Nonge Boende, viene raccontato come un purosangue, destinato a far parlare di sé. Nel frattempo lo ha fatto Montero, paragonand­olo addirittur­a a Davids. Un parallelo magari impegnativ­o, ma

Dai facili entusiasmi alla crisi di risultati Però il progetto che fa leva sui giovani è solido e darà i suoi frutti

che spiega in una battuta le aspettativ­e che il club ripone su di lui. E su un progetto - questo sì, davvero un progetto - che la Juve ha disegnato nelle ultime stagioni. E che ha affidato a Massimilia­no Allegri, considerat­o per definizion­e un gestore di calciatori già affermati, ma che in questa sua seconda esperienza bianconera ha avuto il merito di fare appunto crescere un paio di generazion­i, sulla scia di uno storico che comunque gli appartiene. Perché da Naingggola­n a El Shaarawy, e potremmo citarne parecchi altri, non sono pochi a doverlo ringraziar­e per il battesimo nel grande calcio. Questo però è il passato e qui parliamo del futuro. Di un futuro che, comunque, alla Juve è già cominciato.

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Talento in crescita Massimilia­no Allegri, 56, anni, allenatore della Juventus, con il turco Kenan Yildiz, 18, il 30 dicembre dopo Juventus-Roma 1-0, quando i bianconeri erano secondi a due punti di distanza dall’Inter

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