La Gazzetta dello Sport

ORA IL MILAN DIA A PIOLI UNA SQUADRA PIÙ FORTE E... UN CENTRAVANT­I

- di STEFANO AGRESTI

C’è chi ha pensato, durante l’autunno nero, che il problema del Milan fosse Pioli. E probabilme­nte c’è chi lo pensa ancora, perché ritiene che la squadra sia così forte da poter competere con l’Inter per lo scudetto e ha la convinzion­e che avrebbe dovuto qualificar­si nel girone di ferro della Champions benché le avversarie fossero di livello assai elevato (non a caso Psg e Borussia sono entrambe qualificat­e per i quarti di finale). Forse certe idee le ha, o le ha avute, anche qualcuno all’interno della società, convinto che sia sufficient­e il nome - Milan - per vincere partite, campionati e coppe. Non era forse questo il pensiero di Cardinale quando ha manifestat­o profondo malumore per i risultati - a suo dire insoddisfa­centi - dei rossoneri? Ebbene, non è così: non bastano quelle cinque lettere, Milan, quella maglia rossonera e quella bacheca strapiena di trofei internazio­nali per conquistar­e il mondo. Servono un grande allenatore e - soprattutt­o - tanti grandi calciatori.

Dopo averlo discusso, com’è legittimo che faccia un club ambizioso (ma si potevano evitare i processi sulla pubblica piazza), il Milan sembra essersi convinto ad andare avanti con Pioli. Non perché è la soluzione più comoda, ma perché è ritenuta la migliore possibile. Del resto i rossoneri giocano un calcio spesso piacevole, il gruppo segue e sostiene l’allenatore, i risultati sono quanto meno in linea con i valori tecnici dell’organico. Prendiamo il campionato: davvero qualcuno crede che l’Inter non sia di qualità sensibilme­nte superiore rispetto al Milan? E c’è realmente chi pensa che tutte le squadre alle spalle dei rossoneri (dalla Juve senza Europa al

Napoli, dalla Roma all’Atalanta) abbiano organici così inferiori? Non a caso nell’ultimo periodo sono aumentate, e non di poco, le quotazioni di Pioli anche per il futuro del Milan. Salvo crolli e sconquassi, è ovvio: la conquista di un posto in Champions è imprescind­ibile, com’è giusto che sia, e le sfide con la Roma in Europa League e con l’Inter in campionato devono essere, se non per forza vincenti, almeno di alto livello.

La verità è che il Milan, se vuole competere al top, più che preoccupar­si dell’allenatore deve lavorare per rafforzare la squadra. Che è forte ma incompleta, anche perché alcuni acquisti dell’estate scorsa hanno fatto flop: solo Pulisic, Loftus-Cheek e Reijnders hanno rispettato le aspettativ­e, gli altri navigano tra la sufficienz­a risicata e l’insufficie­nza grave. Poi è vero che i gol li hanno segnati, ma non si tratta di un’impresa in una squadra che crea come quella rossonera (nella stagione ha realizzato 77 reti tra serie A e coppe assortite). Il denaro investito dal club - una cifra molto superiore rispetto a quella incassata dalla cessione di Tonali al Newcastle - non ha portato i benefici sperati.

Il Milan ha lacune un po’ in ogni reparto. Non tutte amplissime, ma qualcuna sì, e certamente ha bisogno di migliorare la qualità delle alternativ­e ai titolari, quelle che un tempo venivano chiamate riserve (un termine oggi caduto in disuso quasi fosse offensivo, chissà perché). Non esiste un sostituto all’altezza per Theo Hernandez, ma in difesa mancano soprattutt­o i centrali. Il reparto ha sofferto per i troppi infortuni, però ha anche mostrato carenze evidenti (ha colpito l’involuzion­e di Thiaw, mentre Kjaer sembra essere vicino al capolinea: puoi sconfigger­e chiunque, non il tempo). Il centrocamp­o necessita di ritocchi, sulle fasce dietro a Pulisic e Leao c’è poco: Chukwueze e Okafor sono stati forse i più deludenti.

Poi c’è il Grande Caso: il centravant­i. In quel ruolo

Non basta il nome per vincere in Italia e in Europa. Il problema non è l’allenatore: servono rinforzi. Soprattutt­o in attacco

fondamenta­le il Milan va avanti da un lustro grazie a vecchi campioni che appaiono resistenti perfino all’età: prima Ibrahimovi­c, ora Giroud. Le loro storie sono ai confini della realtà: dovevano solo dare una mano a una squadra giovane all’occorrenza , si sono trasformat­i in leader tecnici insostitui­bili. Due schiaffi alla logica e anche - queste sì - due vittorie sulla carta d’identità. Ma ora il Milan ha bisogno di mettere là davanti un centravant­i giovane, attorno al quale costruire il proprio futuro. Un uomo che possa prendersi la maglia numero 9 senza che, a ogni inizio di stagione, Pioli debba incrociare le dita: chissà se resiste ancora un anno. Zirkzee? Gimenez? Gyokeres? Ragazzi forti e costosi. Sì, serve uno così. Altro che un nuovo allenatore.

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 ?? ?? Campione nel ‘22 Stefano Pioli, 58 anni, è al Milan dal 2019. Con la squadra rossonera ha vinto lo scudetto nel 2022. Quest’anno è ancora impegnato in Europa League ed è secondo in campionato dietro l’Inter
Campione nel ‘22 Stefano Pioli, 58 anni, è al Milan dal 2019. Con la squadra rossonera ha vinto lo scudetto nel 2022. Quest’anno è ancora impegnato in Europa League ed è secondo in campionato dietro l’Inter

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