FORTISSIMO VLAHOVIC ZITTITI I SUOI CRITICI LA JUVE CI PENSI BENE
Eadesso parliamo di Dusan Vlahovic, del suo straordinario senso del gol. Eppure c’era chi storceva il naso, chi avrebbe preferito cederlo per monetizzare, chi immaginava che Lukaku sarebbe stato più funzionale al gioco di Allegri, lo stesso Allegri forse. In una stagione complicata, quasi sbagliata, della Juve, Vlahovic è riuscito finora a segnare 16 gol in 28 partite ufficiali; 15 reti in campionato e una in Coppa Italia. È secondo nella classifica marcatori della Serie A, dietro Lautaro Martinez “troppo primo”, con 23 gol, per essere raggiunto. Martedì sera il cannoniere serbo ha fatto centro nelle semifinali della Coppa nazionale contro la Lazio ed è ragionevole immaginare che se fosse stato in campo sabato all’Olimpico, sempre contro la Lazio, ma in campionato, la Juve non avrebbe perso, anzi forse avrebbe vinto. Vlahovic però non c’era perché squalificato, a seguito della sceneggiata inutile e infantile contro l’arbitro nel finale del match contro il Genoa. L’incandescenza caratteriale è il suo limite, perché come centravanti è difficile trovargli dei grossi difetti.
Vlahovic vede e sente la porta, il suo piede sinistro - il preferito, ma Dusan usa anche il destro - sa trovare l’angolo opposto, più lontano, per diagonali potenti e precisi. Quando salta di testa, ha la capacità di restare in sospensione nell’aria per quell’istante che fa tutta la differenza del mondo e che lo rende immarcabile.
Sulle punizioni dal limite, nelle zolle sul centro-destra, il suo sinistro “spacca”.
Da attaccante nato, vive per il gol. Eppure, a un certo punto, sembrava che il problema della Juve fosse Vlahovic. Forse perché non si riusciva a servirlo come si deve? Forse perché la relazione tecnica con Federico Chiesa è frastagliata e puntuta? I due hanno giocato insieme per 75 volte e i numeri non sono esaltanti: due gol di Chiesa su assist di Vlahovic e tre reti di Vlahovic su rifiniture di Chiesa. Poco.
Le interazioni sono difficili, eppure in teoria i due dovrebbero completarsi. Si proclamano amici, e non dubitiamo che lo siano, ma sul campo si cannibalizzano, e le peripezie di Chiesa, non solo gli infortuni, non hanno aiutato. Chiesa sembra che avverta come una costrizione il ruolo di seconda punta e che sia felice quando può largheggiare da ala. Una cosa non esclude l’altra: a volte Chiesa non resiste alla tentazione di allargarsi, anche se le consegne sono altre. Tutti e due, Vlahovic e Chiesa, vanno dritti, a testa bassa, verso la porta, amano il rumore sordo degli uno contro uno, il gusto del dribbling in corsa o di forza, quella sensazione di libertà nello spazio. I loro egoismi andrebbero disciplinati, per massimizzare i profitti di squadra.
Vlahovic segna nonostante la Juve non pratichi un calcio d’attacco. Calato in un contesto più giochista e meno attendista, la sua media gol lieviterebbe. Ha un contratto in scadenza nel 2026 e le parti negoziano un rinnovo che per la Juve è quasi obbligatorio, pena la svalutazione del giocatore. Nell’estate del 2025, a un anno dalla scadenza, senza un accordo la Juve sarebbe quasi costretta a vendere Vlahovic e forse non ne ricaverebbe i 70 milioni, più 10 di bonus, investiti alla fine di gennaio del 2022 per sottrarlo alla Fiorentina. Il passaggio è delicato.
In una squadra che attacca poco, il serbo segna e si conferma un attaccante di valore assoluto. La Signora può costruire su di lui
Vlahovic ha 24 anni e si può immaginare di costruirgli attorno una Juve che lavori per sfruttarne il “bomberismo”, come Pep Guardiola con Erling Haaland al Manchester City. Sarà così? O prevarranno le ragioni dei
conti? O, ancora, le richieste dei procuratori saranno tanto alte da suonare irricevibili? Già dalla prossima stagione l’ingaggio farà un gran balzo, come previsto dal contratto in essere: Vlahovic passerà da otto milioni netti l’anno a dodici, uno al mese. In caso di separazione, non sarà facile trovare un profilo analogo. I centravanti giovani, forti e già integrati nel calcio di vertice sono i “pezzi” più costosi. Meglio tenerseli, quando si ha la fortuna di averli.