Leclerc e il casco per l’amico Bianchi «Lui ha cambiato tutta la mia carriera»
Era il 5 ottobre 2014: sono passati 9 anni e sei mesi dall’incidente costato la vita a Jules Bianchi, incidente che, come spesso accade nelle corse, ha contribuito ad aumentare la sicurezza in F.1. Evento tragico e assurdo nella dinamica, quello accaduto all’allora 25enne pilota francese della Marussia, che al 43° giro del GP del Giappone, nell’affrontare sull’asfalto bagnato la curva Dunlop, perse il controllo della monoposto, schiantandosi contro la parte posteriore di una gru che era sulla ghiaia della via di fuga per spostare la Sauber di Adrian Sutil, uscito di pista il giro precedente. Nell’impatto, devastante, la ruota posteriore sinistra finì al fianco della destra, rollbar e struttura di protezione sinistra vennero strappati, la parte anteriore del telaio subì un taglio longitudinale. Solo la cellula di sopravvivenza rimase integra, per una decelerazione ipotizzata sui 50 G. Il povero Jules, colpito violentemente alla testa, fu trasportato all’ospedale di Yokkaichi dove, nonostante un tentativo disperato di operarlo non si risvegliò più: morì nove mesi dopo nella sua Nizza, dove era stato trasportato.
Casco speciale Il suo nome non è mai stato dimenticato, soprattutto da chi era cresciuto condividendo lo stesso sogno, prima sulla pista di kart di papà Philippe, poi nella Ferrari Drivers Academy: Charles Leclerc. Il pilota della Ferrari ha da sempre sul casco il 17 di Jules, ma in questo decennale di Suzuka corre con una livrea ispirata all’amico. «Ogni volta che arrivo qui ho sempre in mente Jules — ha detto Leclerc —. È stato la persona che mi ha aiutato ad arrivare fin qui. Già nel 2010 aveva parlato con Nicolas (Todt, manager di entrambi; ndr), affinché mi aiutasse ad arrivare in F.1. È stato lui a cambiare le carte nella mia carriera. Sarà molto importante fare bene questo weekend».
Halo salvavita L’incidente di Bianchi portò la F.1 a reagire prontamente (altri campi: airfence più avanzati e gli studi statistici sulle traiettorie fuori pista ), introducendo dal 2018 (ma i test iniziarono nel 2015) l’Halo, un sistema in titanio che consiste in una barra curva posta a protezione della testa dei piloti, collegata a tre punti del telaio tramite tre bracci (a sinistra, destra e di fronte). L’obiettivo è proteggere la testa, non solo evitando che il casco strisci sull’asfalto (il ribaltamento del cinese Zhou a Silverstone 2022) o essere colpito da altre vetture (Hamilton, con Verstappen che gli montò sopra a Monza 2021), ma anche respingendo o deviando oggetti pericolosi: se Romain Grosjean è ancora vivo dopo il rogo del 2020 in Bahrain, è anche per l’Halo che deviò il guard-rail sotto il quale si era infilata la Haas, evitando la decapitazione.