La Gazzetta dello Sport

I PREDESTINA­TI DELLA PANCHINA

Libri, studio, tatto Pioli conquista con la forza della normalità

- di Germano Bovolenta

Sa ascoltare, guida, ma non si fa guidare, si arrabbia ma non sbrocca. E dopo lo scudetto adesso cerca l’acuto europeo

Padre Pio? Pioli somiglia veramente a Padre Pio? Ma no, è più John Malkovich. Con quella barbetta bianca, la sontuosa pelata, gli occhi che lampeggian­o, il freddo equilibrio. Voleva essere Stefano Pioli. È diventato Stefano Pioli, quello del Milan. Un numero uno. Perché quando sei al Milan sei destinato, o “condannato”, a stare sempre (o quasi) davanti. Primo, secondo, zona mista piena di profumi e di luci. Stasera, ad esempio, andata di un quarto di finale di Europa League, la vecchia Uefa: c’è la Roma, o si va in semifinale o è una delusione, non si scherza. Il Milan, fioeu, è il Milan. E il nome diventa uno slogan: «Noi siamo il Milan». Lo diceva Nereo Rocco, lo sussurrava Nils Liedholm. Poi Sacchi, Capello, Ancelotti. Gente così. Partono e arrivano.

Riccioli e

libro Stefano Pioli è di Parma, è partito con la sua delicata erre moscia. Lo prendono in giro: come quella di Gene Gnocchi, come quella dei topi dei cartoni animati che fanno la pubblicità al parmigiano in tv. Un ricordo di Stefano Pioli 40 anni fa, in ritiro con la Nazionale Juniores in Austria, periferia di Vienna. Un alberghett­o molto modesto. I ragazzini fanno cagnara, perché è la loro età, quella della “stupidera”. Stefano Pioli è in un angolo, solo, con un libro, immerso in un groviglio di riccioli neri. Un sorriso leggero, quasi timido. Comunardo Niccolai, allenatore degli azzurrini, scherza: «Stefano, basta leggere, ti si bruciano gli occhi». Poi: «È bravo, un bravo ragazzo. Farà bene».

Un calcio allegro Legge, il ragazzo. Dappertutt­o. Anche in campo. Le partite, gli avversari, le posizioni. Lo lancia Bruno Mora, grande ala del Milan di Rocco, uno divertente. Quando l’ambiente era un po’ moscio, Rocco lo stuzzicava: «Forza Bruno, daghe». Mora, scapolo d’oro. Gli altri, anche Rivera, si presentava­no a tavola in tuta, lui con un completo di Caraceni. Arrotondav­a la sua erre parmigiana, cominciava a far teatrino e il buon umore ritornava. Mora, campione d’Europa con il Milan a Wembley, una gamba frantumata, molti anni dopo lancia Stefano Pioli nel Parma: «Ragas, cerca di divertirti. Il calcio è allegria, anche se ti rompono una gamba».

Che vita Ci prova, il ragazzo. Cambia ruolo, prima centrocamp­ista, poi difensore. Elegante, come la sua “erre”. Parma, Juve, Fiorentina. Dirà: «Non ero un top player, ma da buona squadra». Qualche volta si diverte. Come fai a non divertirti con gente come Trapattoni? La strada è lunga, gli occhi pieni di futuro. Non sempre luminoso. Una volta un tedesco del Werder Brema gli ha spezzato i legamenti, un’altra Igor Protti lo ha colpito in faccia con un calcio e lui ha ripreso conoscenza solo dentro il tubo della Tac.

La calma e il fuoco Stefano è uno che conosce il football, lo studia, lo corregge e perfeziona. Vive con equilibrio, parla a voce bassa, raramente va sopra le righe. Quando succede, si scusa quasi subito. È cresciuto in una buona famiglia, educata, “allenata” da Pasquino e Luisa: «Papà e mamma hanno trasmesso buoni valori. Anche calcistici». La famiglia Pioli ha vissuto di pallone. Stefano ha fatto tutto e sa far tutto, nel suo mondo. Anche se è “normale”. Cioè non “special”, come quello che ha lasciato il posto a De Rossi. «Poi cosa vuol dire normale? Non è che mi va bene tutto», sorride con il suo sorriso alla John Malkovich. C’è stato chi, dopo una sconfitta, ha velenosame­nte osservato: «Poco carattere e personalit­à, non è da Milan». Anche subito dopo il Pioli is on

fire dello scudetto. Si spegne il fuoco, arriva l’acqua melmosa e sommerge i meriti e le storie belle. Stefano Pioli non alza la voce: «Troppo spesso si confondono l’educazione e il rispetto con la mancanza di carattere. Io mi incazzo, eccome». Ma con tatto, con garbo. Perché Pioli sa ascoltare. Guida, ma non si fa guidare. Non sbrocca, ti fulmina con gli occhi e poi ti fa una carezza. Racconterà Pietro Paolo Virdis. «Siamo a Coverciano, corso allenatori. Preparo la tesina, parlo con Pioli e mi accorgo che, senza saperlo, stavamo portando lo stesso programma. Attimo di panico. Che si fa? Nulla, la cambia lui. Stefano sceglie un altro argomento. Ecco, questo è Pioli. Un uomo educato e disponibil­e, capace di adattarsi alle novità, alle difficoltà con pragmatism­o». Pietro Virdis, Stefano Pioli. “Noi siamo il Milan”.

La parabola

Uno stile unico da giocatore e poi da allenatore Doveva diventare “uno da Milan”

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