Gravina chiede aiuto al Governo, Galliani punge le big
Il presidente Figc in Senato: «Il calcio è anche cultura e merita la Tax Credit» L’a.d. del Monza: «Manovre rozze...»
Verso la fine dell’audizione davanti alla settima Commissione Cultura e Sport del Senato, Gabriele Gravina dice: «Se volete mi metto in ginocchio». Ovviamente lo fa sorridendo, ma la frase rende bene la situazione. Il presidente della Figc è stato chiamato dai senatori per parlare di come si possa davvero riformare il calcio e lui ne approfitta per chiedere ancora una volta aiuto: «Tutti parlano di sport e cultura, io direi che sport è cultura, dunque rivendichiamo pari dignità a chi opera in quel settore. Lo facciamo chiedendo un riconoscimento della Tax Credit per lo sviluppo di vivai e infrastrutture, una percentuale di prelievo sulle scommesse, l’esaurimento graduale del vincolo sportivo e un sostegno per la realizzazione degli stadi per Euro 2032. Per garantire la salvezza del calcio servono dialogo e una stretta collaborazione con il Governo. C’è solo un modo per garantirci un futuro: costruirlo insieme».
Format e autonomia Gravina parla poi delle tensioni con la Lega Serie A: «Sul format le abbiamo lasciato piena autodeterminazione. I problemi dialettici sono fisiologici, ma qualcosa sta diventando patologico perché per ragioni diverse non si vuole capire che facciamo parte tutti di un’unica filiera. Sento parlare anche di autonomia, che è legittima. Il problema è che cosa si intenda e che impatto abbia sulle altre componenti del sistema. Il modello Premier? Magari, lì il ventunesimo azionista è la federazione che ha diritto di veto quasi su tutto». E sulla richiesta di avere maggior peso politico conclude: «La Lega merita assoluto rispetto, aspettiamo le loro proposte».
La frecciata di Galliani Tra i senatori pronti a fare domande ai vertici dello sport (ci sono anche il presidente di Sport e Salute Mezzaroma e il Segretario generale del Coni Mornati), spunta Adriano Galliani, che pur sottolineando una certa incompatibilità dei ruoli («Io non posso fare domande, sono il legale rappresentante di una squadra di Serie A e dunque faccio fatica a essere imparziale») lancia una frecciata alle big: «I contrasti interni al sistema ci sono sempre stati, ma ora si sono acuiti perché Milan, Inter, Juventus e Roma hanno pensato che attraverso l’abolizione del diritto di intesa si potesse cambiare il formato delle Serie A da 20 a 18. E nella maggioranza dei club è nata la convinzione che il presidente federale fosse d’accordo con questa posizione. Cosa avrei fatto se fossi stato ancora dirigente del Milan? Avrei tentato una manovra meno rozza».